TERAPIA DELL’IPERCOLESTEROLEMIA: ARRIVANO GLI INIBITORI DI PCSK9

Da Chiara Pavanello

Ormai in commercio e in pratica clinica da molto tempo, le statine hanno permesso di ridurre considerevolmente i valori di colesterolo LDL e quindi il rischio di eventi cardiovascolari. Nelle forme severe e resistenti di ipercolesterolemia primaria o di dislipidemia mista, o nei casi di intolleranza alle statine non si sono però rivelate sufficienti, prospettando il bisogno di nuovi farmaci.

La richiesta può dirsi esaudita dal momento che da pochissimo sono stati approvati in regime di rimborsabilità dall´Agenzia Italiana del Farmaco due nuovi farmaci: Alirocumab (Praluent) ed Evolocumab (Repatha). Si tratta di due anticorpi monoclonali diretti contro PCSK9 (proteina di cui abbiamo già parlato in precedenza) che impediscono la degradazione del recettore per le LDL, aumentando la capacità del fegato di eliminare le LDL dal sangue. Entrambi vengono somministrati per iniezione sottocutanea una o due volte al mese, tramite l’impiego di siringhe preriempite.

L’efficacia è stata documentata da studi clinici dove, utilizzati in combinazione alle statine per 12 o 24 settimane, hanno portato a riduzioni intorno al 60% del colesterolo LDL rispetto alle statine da sole. La riduzione era limitata a circa il 25% nei soggetti affetti da ipercolesterolemia familiare omozigote, una grave forma di dislipidemia determinata su base genetica. L’azione positiva di questi nuovi farmaci sembra però andare anche oltre: è stato infatti dimostrato che oltre al colesterolo, evolocumab e alirocumab, riducono di circa il 25% la concentrazione plasmatica della lipoproteina (a), una lipoproteina molto simile alle LDL, che rappresenta un ulteriore fattore di rischio cardiovascolare (ne parleremo presto).

 E gli eventi avversi? I due farmaci sono stati generalmente ben tollerati in tutti gli studi clinici condotti. Gli eventi avversi più comuni sono stati reazioni nel sito di iniezione e reazioni allergiche, nasofaringiti, influenza e infezioni alle alte vie respiratorie. Solo nel 6% dei casi queste hanno comportato la sospensione della terapia, una percentuale che però è risultata non differente da quella del gruppo controllo. Sebbene molto rari, in alcuni studi di fase 3 è stata riportata un’incidenza più elevata di eventi neurocognitivi, come confusione e perdita di memoria in confronto al gruppo trattato con placebo o con terapia standard (0.9% e 1.2% con evolocumab e alirocumab rispettivamente). A tal proposito la Food and Drug Administration, l´autorità competente in materia di regolamentazione dei farmaci, ne ha richiesto una valutazione più approfondita. I dati sono stati presentati recentemente al congresso dell´American College of Cardiology. Ne parleremo presto.

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