Come sapete, la disfunzione endoteliale gioca un ruolo rilevante nella patogenesi dell’aterosclerosi ed è un fattore di rischio per lo sviluppo di eventi ischemici. La carenza di vitamina D, come l’abbiamo definita la scorsa settimana, ha effetti negativi sulla funzione endoteliale, che potrebbero promuovere l’aterogenesi.
È provato che la carenza di vit. D si associa a una riduzione della vasodilatazione flusso-mediata (flow-mediated dilatation, FMD), un indicatore di disfunzione endoteliale che a sua volta si associa ad aterosclerosi preclinica ed è un predittore di eventi cardiovascolari. D’altro canto, alcuni studi dimostrano che la supplementazione con vit. D in soggetti carenti migliora significativamente la FMD. Una metanalisi di tutti i trials randomizzati disponibili esclude un beneficio della supplementazione, che però potrebbe essere efficace nel migliorare la FMD in alcune categorie di pazienti, che già presentano una disfunzione endoteliale, come gli ipertesi.
I meccanismi attraverso i quali la carenza di vit. D potrebbe favorire l’insorgenza di una disfunzione endoteliale sono diversi e documentati da numerosi studi in vitro. Per es. la vit. D riduce lo stress ossidativo nelle cellule endoteliali, modulando l’espressione delle sirtuine, e limita l’espressione di geni coinvolti nell’apoptosi. Regola poi la contrattilità delle cellule muscolari lisce, modulando i flussi di calcio e la liberazione da parte dell’endotelio di fattori contratturanti derivati dall’acido arachidonico.