L’ipertensione arteriosa in età adulta è senza dubbio un fattore di rischio per lo sviluppo di decadimento cognitivo in età avanzata. Questa affermazione vale sia per la demenza vascolare che per la demenza di Alzheimer. I dati più importanti relativi a un’associazione tra ipertensione e decadimento cognitivo provengono dagli studi longitudinali. Un primo risultato di questo tipo è stato ottenuto nel 1993 sui dati della coorte di Framingham, relativi a soggetti di età compresa tra i 55 e gli 88 anni, arruolati tra il 1956 e il 1964, quando la gran parte dei soggetti affetti da ipertensione arteriosa non era sottoposta a trattamento. In tale studio si è osservato come livelli elevati di pressione arteriosa, in particolare se mantenuti negli anni, si associassero a una peggiore performance cognitiva a 15 anni dall’arruolamento. Di notevole importanza è la conferma fornita in questo senso da uno studio condotto in Svezia, dove è stata analizzata la relazione tra valori di pressione arteriosa e demenza in una popolazione di soggetti anziani (70 anni di media) senza decadimento cognitivo. Mediante osservazioni a intervalli regolari, per un periodo complessivo di 15 anni, gli autori hanno potuto dimostrare che valori basali elevati di pressione arteriosa sistolica e diastolica si associavano a un rischio significativo di sviluppare demenza, sia di tipo vascolare che Alzheimer, a 79-85 anni.
Al momento abbiamo la relativa certezza che il trattamento dell’ipertensione arteriosa nell’adulto sia in grado di ridurre l’incidenza di demenza. Rimangono però numerosi quesiti da risolvere, come sottolineato nelle ultime linee guida ESH/ESC per il trattamento dell’ipertensione (2018). Il trattamento anti-ipertensivo nell’anziano riduce la demenza? Un trattamento aggressivo dell’ipertensione è più efficace nel ridurre il rischio di demenza? Come intervenire quando il decadimento cognitivo è iniziato? Nel paziente con decadimento cognitivo moderato-severo, ha senso trattare l’ipertensione arteriosa come nel soggetto cognitivamente integro? Qual è il rischio di ipotensione nel soggetto con decadimento cognitivo? Quando e se occorre sospendere la terapia?
Nel recente studio SPRINT-MIND, che aveva l’ambizioso obiettivo di dimostrare che un trattamento aggressivo dell’ipertensione arteriosa potesse ridurre l’incidenza di decadimento cognitivo, i risultati ottenuti in soggetti relativamente integri da un punto di vista fisico e cognitivo non raggiungono la significatività statistica ma indicano un possibile beneficio nel gruppo di intervento. La situazione si ribalta quando si analizzano i dati nei pazienti che hanno già un decadimento cognitivo e nei quali una riduzione eccessiva dei valori pressori peggiora il declino cognitivo. La relazione tra pressione e decadimento cognitivo è quindi piuttosto complessa. Inoltre, la relazione tra pressione arteriosa e declino cognitivo si va affievolendo con il passare degli anni: è infatti nettamente superiore a 50 anni e poi si riduce nelle decadi successive.
Il trattamento dell’ipertensione arteriosa in età adulta produce sicuramente un effetto protettivo nei confronti del decadimento cognitivo. Quando il paziente diviene molto anziano, soprattutto se presenta iniziale decadimento cognitivo o demenza conclamata, la situazione diviene molto più complessa e di difficile gestione. In questi pazienti, una accurata misurazione domiciliare della pressione arteriosa diviene di fondamentale importanza per evitare i rischi di sovra- e sotto-trattamento.
JAMA (IF=47.661) 321:553,2019