Numerosi studi clinici osservazionali e di intervento hanno suggerito l’esistenza di un’associazione tra l’assunzione di alimenti a elevato contenuto di polifenoli, come frutti di bosco, uva, cacao e tè verde, e un miglioramento delle funzioni cognitive. Ciò nonostante, non tutti gli studi hanno dato risultati positivi in modo univoco, lasciando aperto il dibattito sul potenziale utilizzo dei polifenoli per il mantenimento della salute cognitiva. Per esempio, la dieta mediterranea, il cui apporto di polifenoli corrisponde a circa 1 g/die, tende a prevenire il deterioramento cognitivo. Invece, gli effetti neuroprotettivi degli isoflavoni della soia sembrano limitati, essendo influenzati da diversi fattori legati alle caratteristiche individuali, al tipo di trattamento e a fattori correlati alla pianta stessa. Le ragioni alla base di queste discrepanze si possono ritrovare nella diversa quantità e biodisponibilità dei composti utilizzati, come pure nella variabilità interindividuale della composizione e funzione del microbiota intestinale, che fa sì che l’assunzione degli stessi polifenoli si traduca in effetti diversi, a seconda delle caratteristiche di ciascun individuo. In sintesi, la mancanza di risultati convincenti degli studi clinici rende difficile trarre una conclusione solida sull’effetto preventivo dei polifenoli sulle funzioni cognitive e sulla neurodegenerazione. Per cercare di fare un po’ di chiarezza sull’argomento, in un prossimo post esporremo i risultati di una recente meta-analisi condotta da ricercatori emiliani.