Nei pazienti con apnea ostruttiva del sonno (OSA) una saturazione di ossigeno notturna inferiore al 90% e una frequenza cardiaca più elevata sono associati all’aumento del rischio di andare incontro a eventi cardiovascolari.
È quanto emerge da uno studio dell’Università di Hong Kong, che ha analizzato i dati delle cartelle cliniche relative a 1.860 individui (età 52,4±12,2 anni; 65,5% maschi), che si sono sottoposti a polisonnografia. Di questi, l’83% presentava OSA.
A un follow-up medio di 8,3 anni, 278 individui (14,9%) hanno manifestato un evento cardiovascolare maggiore (MACE). La gravità dell’OSA non è associata al rischio di eventi. Invece, il tempo di sonno con saturazione di ossigeno <90% (TST90) è un predittore dell’insorgenza di un MACE (HR=1,41; 95%CI 1,10-1,81) (Figura), come lo è la frequenza cardiaca media notturna (HR=1,27; 95%CI 1,10-1,46). Nei pazienti con OSA moderata-grave (1108, 60% del campione), in cui è indicata la “Continuous Positive Airway Pressure” (CPAP), la terapia non è in grado di ridurre l’incidenza di MACE. In un sottogruppo di 333 pazienti, più giovani, con maggior prevalenza di obesità, con OSA più grave e maggior rischio cardiovascolare, la CPAP regolare ha invece ridotto di quasi il 50% l’incidenza di MACE (HR=0,49; 95%CI 0,25-0,95).
I risultati dimostrano che occorre concentrarsi su variabili diverse dalla frequenza con cui i pazienti con OSA smettono di respirare durante la notte e più sulle conseguenze di alcuni fattori, in particolare l’ipossiemia, che possono contribuire a sviluppare alterazioni vascolari che nel lungo termine aumentano il rischio cardiovascolare.
Thorax (IF=9.250) 2022 Mar 18. doi: 10.1136/thoraxjnl-2021-217714