Il “Scandinavian Simvastatin Survival Study” (4S), i cui risultati sono stati pubblicati nel 1994, rappresenta una pietra miliare tra i numerosi trials clinici di prevenzione cardiovascolare secondaria con statine. Lo studio perseguiva l’obiettivo di valutare il beneficio della terapia con simvastatina (20-40 mg/die) in 4444 pazienti cardiopatici con valori molto elevati (secondo le linee-guida di oggi) di colesterolo plasmatico (LDL-C basale medio 187 mg/dl). Dopo 5.4 anni di terapia la mortalità totale si era ridotta del 30% (p<0,001) nei pazienti in simvastatina rispetto al gruppo in placebo, una riduzione quasi interamente dovuta alla diminuzione del 42% (p<0,001) della mortalità coronarica. Dieci anni più tardi, il follow-up a lungo termine dimostrava che i benefici della terapia con simvastatina sulla mortalità totale e cardiovascolare si mantenevano nel tempo.
Lo studio “Heart Protection Study” (HPS) rappresenta la seconda pietra miliare nella valutazione dell’efficacia delle statine nel ridurre la mortalità. Ha incluso più di 20000 pazienti ad alto rischio (con coronaropatia o altra vasculopatia aterosclerotica, o diabetici) trattati con simvastatina (40 mg/die) o placebo e seguiti per una durata media di 5 anni. Nel gruppo trattato con simvastatina, la mortalità totale è diminuita del 13% e la mortalità coronarica del 18%. Un messaggio chiave emerso dallo studio HPS è che la riduzione della mortalità era indipendente dai valori basali di LDL-C.
A riassumere i risultati di 26 trials di intervento con statine, che hanno incluso quasi 170.000 individui, ha provveduto una metanalisi pubblicata su Lancet nel 2010. I risultati evidenziano che maggiore era la riduzione di LDL-C, maggiore era la diminuzione della mortalità totale e coronarica; ad ogni 1 mmol/L (39 mg/dl) di riduzione di LDL-C corrispondeva una diminuzione del 10% della mortalità totale e del 20% della mortalità coronarica.