ANCHE NELL’ANZIANO IN PREVENZIONE PRIMARIA, L’INTERRUZIONE DELLA TERAPIA CON STATINE AUMENTA IL RISCHIO DI EVENTI CARDIOVASCOLARI

È stato condotto uno studio di coorte su oltre 120.000 pazienti, utilizzando le banche dati sanitarie nazionali francesi e includendo tutti i soggetti che avevano compiuto 75 anni nel 2012-14, in prevenzione primaria e con un’aderenza al trattamento con statine ≥80% in ciascuno dei 2 anni precedenti.
Durante il follow-up di 2.4 anni, il 14.3% ha interrotto il trattamento con statine (tre mesi consecutivi senza esposizione alla terapia) e il 4,5% ha sperimentato un evento cardio-cerebrovascolare. Il rischio di sviluppare un qualsiasi evento cardiovascolare (Figura), un evento coronarico, o un evento cerebrovascolare nei soggetti che interrompevano il trattamento era superiore del 33% (HR 1.33, 95%CI 1.18-1.50), del 46% (HR 1.46, 95%CI 1.21-1.75) e del 26% (HR 1.26, 95%CI 1.05-1.51) rispetto a coloro che continuavano la terapia.

Questo dato conferma il ruolo della terapia ipolipemizzante anche nell’anziano, e sottolinea la necessità di mantenere una buona aderenza a essa.

Eur Heart J (IF=24.899) 40:3516,2019

INCLISIRAN: UNA NUOVA ARMA CONTRO L’IPERCOLESTEROLEMIA?

Inclisiran è un silenziatore dell’RNA specificamente diretto verso l’mRNA di PCSK9 (Figura. A. Il recettore LDL (LDLR) espresso sulla membrana cellulare lega le LDL e il complesso viene internalizzato nell’endosoma. B. LDL e LDLR si staccano. C. LDLR ricicla sulla membrane cellulare. D. LDL viene degradata nei lisosomi. E. Il gene che codifica per PCSK9 viene trascritto e l’mRNA viene tradotto in proteina; PCSK9 viene secreta nel plasma o rimane all’interno della cellula. F. In entrambi i casi PCSK9 lega LDLR e lo avvia alla degradazione nei lisosomi. G. Inclisiran impedisce la traduzione dell’mRNA in proteina PCSK9. In questo modo agisce in modo diverso dagli anticorpi anti-PCSK9, che (H) impediscono il legame di PCSK9 a LDLR sulla membrana cellulare).
Inclisiran è un farmaco non ancora disponibile commercialmente, che viene somministrato solo due volte l’anno con iniezione sottocutanea. Lo studio ORION-10 (di fase 3) ha arruolato 1561 pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica già in trattamento con statine e li ha assegnati in modo casuale a inclisiran 300 mg o placebo, somministrati per iniezione sottocutanea al giorno 1 e al giorno 30, quindi ogni 6 mesi per i successivi 18 mesi. Il 90% dei pazienti arruolati era in terapia con statine, il 9% con ezetimibe. Il livello medio basale di LDL era 105 mg/dL. Alla fine dello studio (giorno 510), i livelli di LDL-colesterolo nel gruppo inclisiran si erano ridotti del 58% rispetto al placebo. L’incidenza di eventi avversi era simile nei due gruppi. Il 2.6% dei pazienti trattati con inclisiran ha manifestato reazioni al sito di iniezione (0.9% nei pazienti trattati con placebo); la maggior parte delle reazioni è stata lieve, alcune sono state moderate e nessuna è stata grave o persistente.

RIDUZIONE DEI TRIGLICERIDI ED EVENTI CARDIOVASCOLARI

I ricercatori del Brigham and Women’s Hospital, Harvard Medical School di Boston, USA hanno condotto una revisione sistematica e una metanalisi degli effetti di tre terapie ipolipemizzanti che riducono i trigliceridi: fibrati, niacina e acidi grassi omega-3. Sono stati inclusi un totale di 197.270 partecipanti provenienti da 24 studi di terapia non statinica con 25.218 eventi vascolari maggiori e 177.088 partecipanti da 25 studi di terapia con statine con 20.962 eventi vascolari maggiori, per un totale di 374.358 pazienti e 46.180 eventi. L’end-point primario è il rapporto di rischio (RR) per eventi vascolari maggiori associati a riduzioni assolute dei parametri lipidici.

In un modello di meta-regressione multivariata, che includeva sia LDL-C che trigliceridi, il RR è stato di 0.80 (95%CI 0.76-0.85) per ogni 1mmol/L (0.79 per 40 mg/dL) di riduzione di LDL-C e 0.84 (95%CI 0.75-0.94) per ogni 1mmol/L (0.92 per 40 mg/dL) di riduzione dei trigliceridi. Per quanto riguarda la dose di omega-3, ad ogni grammo di acido eicosapentaenoico somministrato ha corrisposto una riduzione del rischio relativo di eventi cardiovascolari maggiori del 7% (RR 0.93; 95% CI 0.91-0.95), mentre non è stata riscontrata un’associazione significativa tra dose di acido docosaesaenoico e riduzione di eventi (RR 0.96; 95% CI 0.89-1.03).

Circulation (IF=23.054) 140:1308,2019

EZETIMIBE E NUTRACEUTICO NEL PAZIENTE CORONAROPATICO INTOLLERANTE ALLA STATINA AD ALTO DOSAGGIO

In molti pazienti il raggiungimento dei valori target di LDL-colesterolo (LDL-C) è reso difficoltoso dall’intolleranza alle statine ad alto dosaggio. In questo contesto, ricercatori italiani hanno voluto approfondire il ruolo di ezetimibe e dei nutraceutici, che potrebbero essere utili per migliorare il profilo lipidico nei pazienti in cui non è possibile titolare la statina. In particolare, questo studio ha valutato la somministrazione di una statina a basso dosaggio in combinazione con ezetimibe o con Armolipid Plus, un nutraceutico contenente riso rosso, policosanoli e berberina, al fine di valutare se queste associazioni possano aumentare la percentuale di pazienti che raggiunge il target di LDL-C. Obiettivo secondario dello studio era quello di analizzare l’efficacia della tripla combinazione statina a basso dosaggio+ezetimibe+nutraceutico nei pazienti resistenti (colesterolo LDL-C > 70 mg/dl). Lo studio, prospettico randomizzato in singolo cieco, è stato condotto in 100 pazienti con coronaropatia sottoposti a rivascolarizzazione percutanea nei precedenti 12 mesi, con intolleranza alle statine ad alto dosaggio e un assetto lipidico non a target (LDL-C <70 mg/dl) con la sola statina a basso dosaggio. I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere l’associazione statina a basso dosaggio+ezetimibe o statina+nutraceutico. Tra questi, 33 pazienti trattati con statina+ezetimibe (66%) e 31 trattati con statina+nutraceutico (62%) hanno raggiunto il target di LDL-C dopo tre mesi, mantenendolo anche a 6 mesi. I pazienti che non avevano raggiunto il target sono stati trattati con la triplice associazione statina+ezetimibe+nutraceutico per altri 3 mesi: a 6 mesi, 28/36 pazienti (78%) avevano raggiunto il target. Nel complesso, il 92% dei pazienti arruolati nello studio ha raggiunto il target di LDL-C a 6 mesi dall’inizio del trattamento e nessun paziente ha riportato effetti collaterali maggiori.

Am J Cardiol (IF=3.171) 123:233,2019

LA FIBRA DI PSYLLUM PER RIDURRE ILCOLESTEROLO?

È noto che cibi ricchi in fibre solubili possono contribuire a ridurre i livelli plasmatici di colesterolo nel paziente con moderata ipercolesterolemia, anche trattato con statine. Le linee guida per ridurre il rischio cardiovascolare raccomandano l’assunzione giornaliera di 14 gr di fibra per ogni 1000 kcal. E gli integratori a base di fibra? Una recente metanalisi dimostra, con qualche limite, l’efficacia della fibra di Psyllum nel ridurre ulteriormente i livelli di LDL-colesterolo in pazienti che assumono statina. La fibra di Psyllum, proveniente dal seme della pianta Plantago psyllum, forma un gel emolliente e lubrificante che favorisce la peristalsi e riduce l’assorbimento di alcuni nutrienti, tra cui il colesterolo.

La metanalisi ha analizzato i risultati di tre studi, per un totale di 204 pazienti, della durata di 4-12 settimane. L’aggiunta della fibra di psyllum (7-15 g/die) a statina produce un’ulteriore riduzione dei livelli di colesterolo LDL (4-6%), paragonabile a quella ottenibile con il raddoppio della dose di statina. Come ipotizzabile, la fibra è più efficace nei pazienti ipercolesterolemici che nei soggetti normocolesterolemici.

I limiti dell’indagine stanno nel modesto numero di studi, nella loro breve durata e nella mancanza di endpoints clinici.

Amer J Cardiol (IF=3.171) 122:1169,2018

 

IN QUANTO TEMPO SI MANIFESTANO I BENEFICI DELLA TERAPIA IPOLIPEMIZZANTE?

Il “Time To Benefit” (TTB) viene definito come l’intervallo di tempo che intercorre tra l’inizio di una terapia e la comparsa dei suoi risultati. Si tratta di una variabile che deve essere tenuta in considerazione non solo nella pianificazione dei trials clinici, ma anche nella pratica clinica per decidere se trattare un paziente in funzione dell’aspettativa di vita. Lo studio che proponiamo oggi ha confrontato il TTB calcolato per 24 trials clinici con farmaci ipolipemizzanti ed endpoints clinici.

I risultati mostrano che il TTB varia in modo considerevole, da 1 a 30 mesi, con una media di 13.1 mesi. Il TTB è più breve per le statine rispetto ai farmaci ipolipemizzanti di altro tipo (10.3 vs 20.0 mesi). Tra i trials con statine (n=17), il TTB è più breve per atorvastatina (n=6) rispetto agli altri farmaci della stessa classe (n=11), 4.75 vs 11.4 mesi. I trials che hanno valutato gli inibitori di PCSK9 hanno mostrato un TTB medio di 12 mesi. Tra le variabili che possono influenzare il TTB occorre includere il numero degli endpoints dei vari trials, i livelli basali di LDL-colesterolo, la popolazione oggetto di studio e il contesto clinico (prevenzione primaria, coronaropatia stabile o post-acuta, …), oltre alle caratteristiche specifiche dei singoli farmaci. Alcune evidenze indicano p.es. che l’atorvastatina produce un metabolita attivo dotato di potente azione antiossidante, che potrebbe influenzare favorevolmente il TTB.

J Clin Lipidol. (IF=3.580) 12:857,2018

RIDURRE IL COLESTEROLO-LDL MIGLIORA LA FUNZIONE ENDOTELIALE

La disfunzione endoteliale, come già ricordato su questa pagina, rappresenta il primo evento nella patogenesi dell’aterosclerosi. È peraltro noto che un aumento della concentrazione del colesterolo-LDL nel sangue favorisce lo sviluppo della disfunzione endoteliale e che la riduzione del colesterolo-LDL in seguito a trattamento farmacologico, p. es. con statine, migliora la funzionalità dell’endotelio.
Un’ulteriore conferma dell’effetto positivo della riduzione della colesterolemia sull’endotelio viene da un piccolo studio condotto da ricercatori foggiani, che hanno analizzato la funzionalità endoteliale, misurando la vasodilatazione flusso-mediata (FMD)(vedi articoli su www.centrogrossipaoletti.org), in 14 pazienti ipercolesterolemici infartuati trattati con evolocumab, l’anticorpo monoclonale anti-PCSK9.

Dopo due mesi di terapia (140 mg due volte al mese), il colesterolo-LDL è sceso del 59% (da 176 mg/dl a 71 mg/dl). L’FMD è aumentato del 40% (da 6.3% a 8.8%). Il miglioramento della funzionalità endoteliale, evidenziato dall’aumento dell’FMD, è proporzionale alla riduzione del colesterolo-LDL.

Ridurre il colesterolo-LDL, indipendentemente dal farmaco utilizzato, migliora rapidamente la funzionalità endoteliale, contribuendo così alla riduzione degli eventi cardiovascolari.

J Clin Lipidol (IF=3.580) 12:669, 2018

RIDUZIONE DEL COLESTEROLO LDL NELLA PREVENZIONE SECONDARIA: BENEFICI DI UN TRATTAMENTO INTENSIVO

Negli ultimi anni i pazienti con ipercolesterolemia hanno potuto beneficiare dell’introduzione di nuovi farmaci che hanno consentito il raggiungimento di livelli di colesterolo LDL (LDL-C) molto bassi. Una domanda ricorrente tra esperti, medici e pazienti riguarda l’eventuale beneficio, in termini di riduzione del rischio, ottenibile con il raggiungimento di valori così bassi di LDL-C. Per rispondere, è stata recentemente condotta una meta-analisi di trials randomizzati e controllati che hanno arruolato un numero minimo di 500 pazienti in trattamento con statine (15 trials), ezetimibe (1 trial) o inibitori di PCSK9 (3 trials), seguendoli in follow-up per almeno un anno. 19 trials per un totale di 152.507 pazienti, che hanno seguito una terapia più intensiva (statina ad alte dosi, combinazione di statina ed ezetimibe/anti-PCSK9; n=76.678) o meno intensiva (n=75.829) dell’ipercolesterolemia.

Gli eventi cardiovascolari maggiori (morte cardiovascolare, infarto, rivascolarizzazione coronarica e ictus) si riducono del 19% nei pazienti in trattamento intensivo. La riduzione degli eventi è maggiore tanto maggiori sono i valori basali di LDL-C e la riduzione di tali livelli prodotta dalla terapia (Figura).

Eur Heart J (IF=20.212) 39:1172,2018

ALIROCUMAB È EFFICACE ANCHE NELLA DISLIPIDEMIA DIABETICA

La classica triade lipidica nei pazienti diabetici è caratterizzata da bassi valori di HDL colesterolo (HDL-C), elevati valori di trigliceridi e spesso valori di LDL colesterolo (LDL-C) nella norma. In tempi recenti si è affermato l’uso del colesterolo non-HDL (colesterolo totale – HDL-C) come parametro per valutare l’efficacia di una terapia ipolipemizzante nei pazienti diabetici; considerando che il colesterolo non-HDL è indicato peraltro come obiettivo secondario dalle linee guida ESC/EAS 2016 nella dislipidemia diabetica.
In questo studio gli autori hanno arruolato 413 pazienti diabetici di tipo 2 ad alto rischio cardiovascolare, con dislipidemia mista non adeguatamente controllata nonostante terapia con statine ad alte dosi (colesterolo non-HDL ≥100 mg/dl e trigliceridemia ≥150 mg/dl ma <500 mg/dl). I pazienti, suddivisi in due gruppi, ricevevano, oltre alla massima dose di statina tollerata, Alirocumab, l’anticorpo monoclonale contro PCSK9, o una terapia standard (TS) che poteva comprendere vari farmaci (fenofibrato, ezetimibe, acidi grassi omega3, acido nicotinico).

Dopo 24 settimane, nei pazienti in terapia con Alirocumab il colesterolo non-HDL si è ridotto in media del 32.5% rispetto ai pazienti in TS. Una significativa differenza è stata osservata anche per colesterolo totale (-24.6%), LDL-C (-43,0%), apolipoproteina B (-32,3%) e numero di particelle LDL (-37,8%). La trigliceridemia si è ridotta in entrambi i gruppi di pazienti. Non è stata osservata nessuna variazione significativa dei valori di emoglobina glicata e in entrambi i gruppi non è stato necessario un aggiustamento della terapia ipoglicemizzante.
Gli autori concludono che Alirocumab è superiore alle terapie convenzionali nel ridurre il colesterolo non-HDL.

Diabetes Obes Metab (IF=6.715) 20:1479,2018

ASSUMERE LA ROSUVASTATINA A DIGIUNO O DURANTE IL PASTO?

Efficacia e sicurezza di molti farmaci sono influenzate dal cibo. È questo il caso della rosuvastatina? Ricercatori canadesi hanno misurato i livelli plasmatici di rosuvastatina dopo assunzione di una compressa a digiuno, o durante un pasto ricco o povero in grassi.

Dimostrano così che l’assunzione durante il pasto (indipendentemente dal contenuto di grassi) determina una minore esposizione al farmaco, che potrebbe tradursi in un minor rischio di effetti collaterali. D’altro canto, la modalità di assunzione non influenza l’efficacia della terapia: la riduzione del colesterolo LDL, e la dose necessaria a raggiungere l’obiettivo terapeutico erano identiche quando il farmaco veniva somministrato a digiuno o durante il pasto.

Clin Pharmacol Ther (IF=7.27) doi.org/10.1002/cpt.973