
ATTIVITÀ FISICA. 10 MINUTI IN PIÙ AL GIORNO RIDUCONO LA MORTALITÀ DEL 7%

Un studio pilota condotto in Polonia ha messo in evidenza come un intervento sullo stile di vita focalizzato sulla dieta DASH possa rallentare la progressione dell’aterosclerosi e ridurre il volume delle placche non calcificate in pazienti con aterosclerosi coronarica non ostruttiva.
Lo studio monocentrico randomizzato ha incluso 89 pazienti (41% donne) con sintomi di angina lieve e sospetta coronaropatia; l’età media era 60 anni e l’indice di massa corporea medio era 29. La maggior parte dei soggetti presentava ipertensione e/o dislipidemia, sono stati esclusi i pazienti diabetici e quelli che avevano subito bypass coronarici.
I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi: il gruppo “intervento” ha ricevuto consulenze alimentari e incoraggiamento ad aumentare l’attività fisica, oltre alla terapia medica ottimale; il gruppo “controllo” ha ricevuto solo la terapia medica. Dopo un esame della composizione corporea, ogni paziente incluso nel braccio intervento ha ricevuto un piano nutrizionale personalizzato DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension). La dieta DASH aumenta il consumo di frutta, verdura, cereali e latticini poveri di grassi, e limita i grassi saturi, il colesterolo, i cereali a basso contenuto di fibre con un elevato indice glicemico e i dolci. I partecipanti sono stati incoraggiati a fare cinque pasti al giorno, con meno di tre ore tra un pasto e l’altro. L’adesione alla dieta è stata valutata tramite un diario alimentare autocompilato.
Il volume degli ateromi, misurato tramite angioTAC (CTA), è aumentato significativamente nel gruppo di controllo (+1,1%), meno nel gruppo intervento (+1,0%); la differenza tra i gruppi, tuttavia, non è risultata significativa. Entrambi i gruppi hanno mostrato significative riduzioni delle placche non calcificate, con una riduzione maggiore nel gruppo intervento (-1.7% vs -0.7%, P=0.044). Non è stata riscontrata differenza tra i gruppi nelle placche calcificate.
La dieta DASH rimane uno dei modelli nutrizionali più ampiamente studiati, di cui è stato dimostrato il beneficio per l’ipertensione arteriosa e la riduzione del rischio cardiovascolare. Si basa su cibi comuni, non è restrittiva ed è relativamente facile da seguire. I risultati di questo studio, pur limitati a un numero ridotto di soggetti, dimostrano che la dieta DASH potrebbe essere efficace anche nel rallentare la progressione dell’aterosclerosi e ridurre la vulnerabilità delle placche in pazienti con aterosclerosi coronarica non ostruttiva.
JACC Cardiovasc Imaging (IF=12.740) 14:1192,2020. doi: 10.1016/j.jcmg.2020.10.019
I ricercatori della Cardiologia Universitaria dell’Ospedale Molinette di Torino, del Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino e del Dipartimento di Meccanica e Aerospaziale del Politecnico di Torino hanno applicato il Machine Learning, secondo il quale i computer imparano progressivamente dai dati che vengono loro forniti, migliorando sempre più le loro capacità predittive, per predire il rischio di eventi futuri (morte per ogni causa, infarto miocardico, emorragia grave) nei pazienti sopravissuti a un infarto. I dati clinici relativi a 25 variabili di rischio registrate in 19826 pazienti infartuati provenienti da diversi Paesi sono stati analizzati con algoritmi di Machine Learning, che usano metodi matematico-computazionali per apprendere informazioni direttamente dai dati, senza conoscere nulla a priori sulle possibili relazioni tra i dati stessi. Il modello fornito dagli algoritmi di Machine Learning è stato poi utilizzato per predire i futuri eventi in una coorte di 3444 pazienti neoinfartuati.
Durante il follow-up di un anno dei neoinfartuati sono stati riscontrati 58 decessi (1.7%), 58 infarti del miocardio (1.7%) e 27 emorragie gravi (0.8%). Il modello di Machine Learning ha predetto correttamente il 92% dei decessi (95%CI 0.90-0.93), l’81% degli infarti (95%CI 0.76-0.85) e l’86% delle emorragie gravi (95%CI 0.82-0.89).
Lo studio fornisce un’importante, benché ancora preliminare, dimostrazione delle possibilità dell’Intelligenza Artificiale in medicina e in cardiologia, suggerendo che in un prossimo futuro cura e prevenzione nel paziente cardiovascolare possano trarre grande giovamento dalla combinazione di esperienza clinica e stime sempre più precise del rischio individuale futuro.
Lancet (IF=60.390) 397:199,2021. doi: 10.1016/S0140-6736(20)32519-8.
Nei pazienti con cardiopatia ischemica cronica ed elevati livelli di proteina c-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP) l’infiammazione gioca un ruolo fondamentale nel promuovere il processo aterotrombotico. Gli effetti protettivi cardiovascolari dei farmaci antinfiammatori sembrano però limitati e riscontrabili solo nei pazienti con una risposta biochimica alla terapia. Ricercatori olandesi hanno verificato se l’esposizione a breve termine alla colchicina, un potente farmaco antinfiammatorio, sia in grado di modificare i livelli dei marcatori di infiammazione in pazienti con malattia coronarica cronica.
138 pazienti con malattia coronarica cronica e livelli serici di hs-CRP ≥ 2 mg/L, sono stati valutati prima e dopo 30 giorni di esposizione a colchicina (0,5 mg/die). Hs-CRP è diminuita del 16% rispetto ai valori basali (da 4.40 mg/L a 2.33 mg/L, differenza mediana -1.66 mg/L, 95%CI -2.17;-1.22 mg/L).
La concentrazione di Interleuchina-6 (IL-6) è diminuita anch’essa del 16%, da 2.51 ng/L to 2.22 ng/L (differenza mediana -0.36 ng/L, 95%CI -0.70; -0.01 ng/L). Sia il conteggio dei leucociti che quello dei trombociti è diminuito (differenza mediana rispetto al basale, -7% e -4% rispettivamente). Non sono state osservate variazioni clinicamente rilevanti nelle frazioni lipidiche.
Nei pazienti con malattia coronarica cronica e con elevata hs-CRP l’esposizione di un mese a colchicina ha prodotto una riduzione dei marcatori infiammatori, potenzialmente efficace per ridurre il rischio cardiovascolare.
PLoS One (IF=) 5:e0237665,2020 doi: 10.1371/journal.pone.0237665
Una meta-analisi ha valutato gli effetti della terapia ipocolesterolemizzante sulla prevenzione cardiovascolare in soggetti anziani. Sono stati analizzati 29 studi clinici randomizzati con follow-up di almeno 2 anni (2.2-6.0 anni), per un totale di 244090 soggetti. Di questi, 21492 soggetti avevano un’età >75 anni: 11750 (54.7%) in trattamento con una statina, 6209 (28.9%) con ezetimibe e 3533 (16.4%) con un inibitore di PCSK9.
Durante il follow-up si sono verificati 3519 eventi vascolari (morte cardiovascolare, infarto miocardico, ictus, rivascolarizzazione coronarica). Per ogni riduzione di 1 mmol/l (38.6 mg/dl) di colesterolo-LDL (LDL-C) si è osservata una riduzione del 26% degli eventi vascolari (RR 0.74; 95%CI 0.61-0.89), addirittura maggiore di quella osservata nei soggetti più giovani (<75 anni) (RR 0.85; 95%CI 0.78-0.92). Nei soggetti più anziani, la riduzione degli eventi non era significativamente diversa nei pazienti trattati con statina (RR 0.82; 95%CI 0.73-0.91) o con altri farmaci (RR 0.67; 95%CI 0.47-0.95). Il beneficio della riduzione dell’LDL-C nei soggetti più anziani era simile su mortalità cardiovascolare (RR 0.85; 95%CI 0.74-0.98), infarto miocardico (RR 0.80; 95%CI 0.71-0.90), ictus (RR 0.73; 95%CI 0.61-0.87) e rivascolarizzazione coronarica (RR 0.80; 95%CI 0.66-0.96).
Si conferma quindi la necessità di intervenire con un’adeguata terapia ipocolesterolemizzante anche nei soggetti più anziani.
Lancet (IF=60.390) 396:1637,2020. doi: 10.1016/S0140-6736(20)32332-1
Ricercatori francesi e sudcoreani hanno valutato il beneficio in termini di prevenzione cardiovascolare del ridurre il livello di colesterolo-LDL (LDL-C) a due diversi valori-target in pazienti cha hanno subito un ictus. Hanno reclutato 2860 pazienti (età media di 67 anni; 68% maschi), di cui l’86% con ictus ischemico entro i 3 mesi precedenti e il 14% con un attacco ischemico transitorio (TIA) nei 15 giorni precedenti l’arruolamento. Li hanno indirizzati a una terapia con statina±ezetimibe per raggiungere due diversi valori-target di LDL-C (1430 per gruppo): <70 mg/dl o 90-110 mg/dl.
Il valore basale medio di LDL-C era di 135 mg/dl ed è sceso a 65 mg/dl e 96 mg/dl nei gruppi a target basso e alto. Durante il follow-up di 3.5 anni si sono verificati 277 eventi cardiovascolari (morte cardiovascolare, infarto miocardico, ictus, rivascolarizzazione coronarica o carotidea): 121 nei pazienti a target basso, 156 nei pazienti a target più alto. Il rischio di sviluppare un evento è quindi diminuito del 22% (HR 0.78; 95%CI 0.61-0.98) nei pazienti a target più basso.
Anche nei pazienti che hanno subito un ictus la prevenzione cardiovascolare è più efficace quando il trattamento ipocolesterolemizzante è più aggressivo.
N Engl J Med (IF=74.699) 382:9,2020. doi: 10.1056/NEJMoa1910355.