Decine di studi dimostrano che l’attività fisica (AF) riduce la mortalità, in particolare quella per malattie cardiovascolari. I meccanismi responsabili dell’azione protettiva dell’AF sono molteplici. Uno studio appena pubblicato su “Preventive Medicine” da ricercatori della Brigham Young University negli USA dimostra una relazione tra AF, invecchiamento cellulare, valutato misurando la lunghezza dei telomeri, e mortalità.
Il telomero è una struttura costituita da DNA e proteine, collocata nella regione terminale dei cromosomi, che protegge l’estremità del cromosoma stesso dal deterioramento o dalla fusione con cromosomi confinanti. Ad ogni divisione cellulare i telomeri si accorciano, la cellula invecchia e a lungo andare può morire per apoptosi. L’accorciamento dei telomeri, e quindi l’invecchiamento cellulare, è promosso da una serie di fattori, quali l’infiammazione e lo stress ossidativo, o da condizioni ad essi associate, come il diabete, l’obesità, il fumo di sigaretta. Un accorciamento dei telomeri aumenta la mortalità non solo delle cellule, ma anche dell’individuo, mentre il loro allungamento aumenta la longevità.
I ricercatori americani hanno misurato la lunghezza dei telomeri dei leucociti di 5823 adulti americani, 2766 uomini e 3057 donne. Come atteso, l’età anagrafica correla con la lunghezza dei telomeri; per ogni anno di età, i telomeri si accorciano di 15.6 nucleotidi. Una volta suddivisi i partecipanti in base all’AF svolta, misurata calcolando i MET-minuti (come abbiamo visto ieri), i soggetti che svolgono AF intensa (>1000 MET-minuti a settimana) hanno telomeri più lunghi di 140, 137, e 111 nucleotidi rispetto ai soggetti sedentari, o che svolgono AF modesta (<500 MET-minuti a settimana) o moderata (500-1000 MET-minuti a settimana). In altre parole, l’AF intensa regala ai soggetti che la praticano 9 anni di vita; un’AF moderata allunga la vita di 2 anni, mentre un’AF modesta non conferisce alcun vantaggio.
Preventive Medicine 100:145, 2017