Il dilemma se assumere il trattamento antipertensivo al mattino, per coprire soprattutto le ore nel giorno in cui gli stimoli ipertensivanti sono maggiori, o alla sera, per ripristinare o implementare il “dipping pressorio”, ossia il fisiologico decremento notturno della pressione arteriosa, ha interessato a fasi alterne il dibattito scientifico tra gli ipertensiologi. Lo studio Hellenic-Anglo Research into Morning or Night Antihypertensive Drug Delivery (HARMONY) è stato disegnato specificamente per verificare se la somministrazione di farmaci antipertensivi nell’orario “canonico” (06.00-11.00) o in quello pomeridiano-serotino (18.00-23.00) potesse avere una diversa efficacia in termini di controllo pressorio delle 24 ore. Lo studio ha arruolato 103 pazienti di età compresa tra i 18 e gli 80 anni, stabilmente in trattamento con almeno un farmaco antipertensivo e con pressione discretamente controllata (≤150/90 mmHg). I pazienti sono stati randomizzati ad assumere il trattamento antipertensivo in una delle due fasce orarie previste dallo studio per 12 settimane per poi passare ad assumere il trattamento per ulteriori 12 settimane nella seconda delle due fasce orarie, secondo un disegno cross-over. Ogni paziente è stato sottoposto a monitoraggio pressorio delle 24 ore al momento dell’arruolamento e al termine di ciascuna delle due fasi dello studio. L’analisi dei risultati relativi ai 95 pazienti che hanno completato lo studio ha evidenziato per i due regimi di somministrazione della terapia una simile riduzione della pressione arteriosa diurna (07.00-22.00), notturna (22.00-07.00) e delle 24 ore. L’analisi dei dati stratificata per età (≤65/≥65 anni) o sesso non ha evidenziato differenze significative. Le evidenze dello studio HARMONY dimostrano che il momento dell’assunzione del trattamento non è un determinante rilevante della risposta a una buona terapia antipertensiva, togliendo in tal modo ogni alibi a chi adduce motivazioni di carattere orario per giustificare una scarsa aderenza al trattamento antipertensivo, vero fattore di rischio occulto nella prevenzione cardiovascolare. I risultati dello studio Treatment in Morning versus Evening (TIME), che ha arruolato 10.200 pazienti seguiti per 10 anni, ci diranno nel prossimo futuro se i due regimi orari di somministrazione potranno garantire anche la medesima protezione cardiovascolare. Nel frattempo, non appare inutile ricordare di tenere sempre nella debita considerazione la ridotta capacità adattativa del circolo cerebrale dell’iperteso anziano ai cambiamenti posturali. Un trattamento antipertensivo assunto di sera potrebbe determinare, sommando i suoi effetti ipotensivanti al fisiologico dipping pressorio notturno, una riduzione pressoria eccessiva rispetto alle capacità di autoregolazione del flusso ematico cerebrale, condizionando problemi di ipoperfusione. Ciò è soprattutto vero per i farmaci che possono interferire con la risposta adattativa del circolo ai cambiamenti posturali (alfa litici e beta-bloccanti) e creare, quindi, situazioni di potenziale pericolosità in occasione dei non infrequenti risvegli notturni degli anziani.
Hypertension (IF=6.823) 72:870,2018