L’IMPORTANZA DEI TRIGLICERIDI NEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE NELLA POPOLAZIONE ITALIANA

La storia dei rapporti tra ipertrigliceridemia (HTG) e rischio cardiovascolare (CV) è sicuramente controversa. Se diversi studi epidemiologici hanno associato l’HTG a un aumentato rischio CV, da più parti è stato sollevato qualche dubbio sul contributo causale e indipendente dell’HTG al rischio. Inoltre, gli studi interventistici volti a ridurre la TG hanno mostrato effetti incoerenti sulle complicanze ischemiche. Negli ultimi 10 anni gli studi genetici basati sulla tecnica della randomizzazione mendeliana hanno portato nuova attenzione sull’associazione causale diretta tra TG e rischio CV, e si è instaurata nella comunità medico-scientifica una crescente consapevolezza che l’HTG può aumentare il profilo di rischio di un paziente. Di conseguenza, le Linee Guida di prevenzione cardiovascolare consigliano di affrontare l’HTG come parte della strategia per il controllo del rischio CV, specie nei pazienti a rischio elevato adeguatamente trattati con statine. Al contrario, il ruolo dell’HTG nell’influenzare gli esiti cardiovascolari negli individui a rischio basso-moderato è meno consolidato.
È in questo quadro che si inseriscono i risultati dello studio TG REAL, condotto allo scopo di valutare se la presenza di elevati livelli di TG influenzano il rischio di eventi CV o di mortalità per tutte le cause in una popolazione a basso rischio CV seguita in un contesto di pratica clinica convenzionale. Si tratta di uno studio italiano, osservazionale di tipo retrospettivo-prospettivo, che ha reclutato circa 158.000 soggetti privi di malattia vascolare, non in terapia con farmaci in grado di influire sui lipidi plasmatici e per i quali erano disponibili più misurazioni della TG. Sono stati definiti normotrigliceridemici coloro che mostrano ripetutamente valori di TG inferiori a 150 mg/dl. Sono stati poi individuati due gruppi di soggetti con HTG, quelli con HTG moderata (TG di 150-500 mg/dl) e quelli con HTG severa (TG >500 mg/dl). Circa il 10% dei soggetti arruolati è risultato affetto da HTG e, di questi, circa l’1% mostrava un’HTG severa. Volendo proiettare questi dati alla popolazione generale italiana adulta (>18 anni), si può stimare che circa 4.9 milioni soffrono di HTG di una qualche gravità. Nei soggetti con HTG tendevano a prevalere i maschi rispetto alle donne e soggetti che assumevano farmaci antidiabetici o antiipertensivi. I livelli medi della TG nei diversi gruppi sono riportati nella Figura.

Durante la fase prospettica dello studio, che ha avuto una durata massima di circa 5 anni (valore mediano circa 2 anni), nuovi eventi CV sono stati registrati nell’1.6% dei soggetti arruolati; il 3.9% di loro è deceduto per qualsiasi causa. L’incidenza di nuovi eventi CV è stata del 7.2 ogni 1.000 persone-anno, quella di morte per tutte le cause del 17.1 ogni 1.000 persone-anno. I soggetti con HTG moderata avevano un rischio di eventi CV circa doppio rispetto ai normotrigliceridemici, e tale rischio cresceva a 3.8 volte nei soggetti con HTG severa. Allo stesso modo, quando è stato considerato il rischio di morte, questo è risultato superiore di 1.49 volte nei soggetti con HTG moderata e di 3.08 volte in quelli con HTG severa. Lo studio TG REAL, condotto in un numero molto ampio di soggetti, dimostra pertanto che l’HTG, anche nell’ambito di valori moderati (150–500 mg/dl), è un potente predittore di rischio di malattie CV e di mortalità. La principale implicazione clinica dei risultati è che essi supportano ulteriormente il concetto che la misura della TG deve essere considerata una parte importante della valutazione clinica di routine per tutti i pazienti (compresi quelli stimati essere a basso rischio) per gestire in modo efficace la prevenzione cardiovascolare.

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