È nota l’efficacia degli inibitori della proproteina convertasi subtilisina/kexin tipo 9 (PCSK9), alirocumab ed evolocumab, nel ridurre i livelli di colesterolo-LDL e il rischio cardiovascolare.
Meno noti sono gli effetti pleiotropici di questi farmaci. PCSK9, oltre a regolare l’omeostasi del colesterolo, inducendo la degradazione del recettore per le LDL, modula il metabolismo lipidico nelle cellule extraepatiche, tra cui i macrofagi. In particolare, l’omeostasi del colesterolo nei macrofagi dipende dall’equilibrio tra il deposito di colesterolo promosso dal siero e l’efflusso promosso dalle lipoproteine HDL.
In un recente studio osservazionale multicentrico i ricercatori del Centro, insieme a colleghi delle Università di Parma, Palermo e Catania, hanno dimostrato in 31 pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare che l’utilizzo degli inibitori di PCSK9 migliora la capacità di efflusso di colesterolo delle HDL. In particolare, dopo 6 mesi di trattamento, l’efflusso mediato da ABCG1 (un trasportatore del colesterolo) è aumentato del 22%, senza modifiche della concentrazione plasmatica del colesterolo HDL. Al contrario, la capacità del siero di depositare colesterolo si è ridotta del 6.6%, con un effetto solo in parte spiegato dalla riduzione dei livelli di LDL colesterolo.
Queste osservazioni contribuiscono ad ampliare il quadro degli effetti benefici degli inibitori di PCSK9 sul rischio cardiovascolare.