RIDUZIONE INTENSIVA DELLA PRESSIONE ARTERIOSA IN PAZIENTI IPERTESI ANZIANI

Lo studio che vi proponiamo oggi, pubblicato su Journal of the American College of Cardiology, ha valutato efficacia e sicurezza di strategie di riduzione intensiva della pressione arteriosa in pazienti ipertesi anziani (età ≥65 anni). I ricercatori hanno combinato i risultati di 4 studi clinici che hanno coinvolto 10.857 pazienti ipertesi anziani con un follow-up medio di 3,1 anni. La riduzione intensiva della pressione arteriosa (sistolica <140 mmHg) è associata a una riduzione del 29% degli eventi cardiovascolari, del 33% della mortalità cardiovascolare e del 37% dello scompenso cardiaco, rispetto a una strategia di riduzione della sistolica a valori <150 mmHg. L’incidenza di infarto miocardico e ictus non differisce fra i 2 gruppi. Non sono state rilevate differenze significative per quanto riguarda l’incidenza di eventi avversi gravi fra i 2 gruppi, ma è stata osservata una tendenza all’aumento dell’insufficienza renale nel gruppo in terapia più aggressiva. Quando si prende in considerazione una strategia di controllo intensivo della pressione arteriosa, bisogna soppesare attentamente i benefici, rispetto ai rischi potenziali.

COS’È LA SINDROME METABOLICA?

La sindrome metabolica è una situazione patologica caratterizzata dalla presenza simultanea nello stesso paziente di diversi disordini metabolici:
1) elevata circonferenza del giro vita, maggiore o uguale a 102 cm negli uomini e 88 cm nelle donne;
2) elevato livello di trigliceridi, maggiore o uguale a 150 mg/dl;
3) ridotto livello di colesterolo HDL, minore di 40 mg/dl negli uomini e 50 mg/dl nelle donne;
4) elevata pressione arteriosa, maggiore o uguale a 130 mmHg per la pressione sistolica e 85 mmHg per la pressione diastolica;
5) elevata glicemia a digiuno, maggiore o uguale a 100 mg/dl.

La diagnosi di sindrome metabolica viene fatta quando siano presenti 3 fattori su 5 di quelli sopra elencati. Colpisce circa il 20-25% degli individui sopra i 50 anni e raddoppia il rischio vascolare.

SE SEI IPERTESO, MODIFICA IL TUO STILE DI VITA! SE NON LO SEI, MODIFICALO UGUALMENTE!

L’adozione di uno stile di vita sano contribuisce a mantenere la pressione arteriosa entro i valori raccomandati. Ecco come fare.

1) Ridurre (ma non abolire!) l’introito di sale con l’alimentazione, ricordando che il gusto per il sale si riduce rapidamente, e dopo 2-3 settimane non sarà un sacrificio seguire una dieta iposodica: aggiungere la minor quantità di sale possibile ai cibi; evitare i cibi con elevato contenuto di sodio.

2) Limitare il consumo di alcool. Per gli uomini è suggerito un consumo inferiore a 20-30 g di alcool, equivalenti a 2 bicchieri di vino, al giorno. Nelle donne non più di 10-20 g di alcool (1 bicchiere di vino) al giorno). Evitare superalcolici.

3) Seguire un’alimentazione corretta: aumentare il consumo di verdure, cibi a base di fibre, grano integrale e proteine di origine vegetale; aumentare il consumo di frutta fresca, con cautela se si è sovrappeso (il contenuto in zuccheri può indurre un aumento di peso); ridurre il consumo di grassi saturi; mangiare pesce almeno 2 volte alla settimana.

4) Ridurre il peso corporeo se si è in sovrappeso: seguire una dieta equilibrata, evitando quelle drastiche o sbilanciate (per esempio iperproteiche).

5) Eseguire attività fisica regolare: camminare almeno 30’ per 3-5 volte alla settimana; andare in bicicletta per 45’; nuotare, fare jogging, giocare a tennis, ecc.; in palestra, fare esercizi di resistenza, alle macchine in modo dinamico con bassi carichi (max 2-3 giorni la settimana).

6) Smettere di fumare: oltre che rappresentare la causa principale di cancro polmonare, il fumo di sigaretta è un importante fattore di rischio cardiovascolare. Nei fumatori la nicotina inalata causa un aumento temporaneo della pressione sistolica, che si esaurisce entro 15-30 minuti: nei forti fumatori l’effetto può essere sufficiente per determinare un aumento stabile della pressione sistolica per tutto l’arco delle ore di veglia.

European Heart Journal (2013) 34, 2159–2219

COS’È L’IPERTENSIONE?

La pressione arteriosa è la forza con cui il sangue viene spinto dal cuore nel circolo sanguigno. A ogni battito del cuore, il sangue esce dal ventricolo sinistro attraverso la valvola aortica, passa nell’aorta, e si distribuisce in tutte le arterie. Quando il cuore si contrae e il sangue passa nelle arterie, si registra la pressione arteriosa più alta, detta ‘sistolica’ o ‘massima’; tra un battito e l’altro il cuore si riempie di sangue e all’interno delle arterie si registra la pressione arteriosa più bassa, detta ‘diastolica’ o ‘minima’. La pressione arteriosa si misura a livello periferico, usualmente al braccio sinistro, e viene espressa in millimetri di mercurio, con due numeri che indicano la pressione sistolica e diastolica.

La classificazione delle Società Europee dell’Ipertensione e di Cardiologia è relativamente complessa e identifica stadi diversi di ipertensione (Tabella): si considera ‘ottimale’ una pressione sistolica inferiore a 120 mmHg con una pressione diastolica inferiore a 80 mmHg, mentre vengono considerati “normali” valori di pressione sistolica tra 120 e 129 mmHg e/o di diastolica tra 80 e 84 mmHg. Per valori di pressione sistolica tra 130 e 139 mmHg e/o di diastolica 85 e 89 mmHg si parla di pressione “normale alta”, una condizione che non si può ancora definire ipertensione arteriosa, ma che predispone l’individuo a divenire iperteso con il passare degli anni (viene anche definita “pre-ipertensione”). Valori di pressione sistolica superiori a 140 mmHg e/o di diastolica superiori a  90 mmHg definiscono una condizione di IPERTENSIONE ARTERIOSA, che può essere distinta in tre gradi di gravità. Si parla infine di ipertensione ‘sistolica isolata’ in presenza di un aumento della sola pressione sistolica (cioè ≥ 140 mmHg), con valori di diastolica inferiori a 90 mmHg; è una condizione tipica dell’anziano. L’ipertensione è un fattore di rischio maggiore per l’insorgenza di ictus, infarto del miocardio, aneurismi, arteriopatie periferiche, insufficienza renale cronica, retinopatia, decadimento cognitivo e più in generale disabilità, e pertanto la pressione arteriosa deve essere tenuta costantemente sotto controllo.

L’ipertensione arteriosa si distingue in ipertensione primaria e secondaria. Solo nel 4-5% dei soggetti ipertesi l’ipertensione è secondaria a cause identificabili o note, come malattie endocrinologiche o renali, mentre nel 95% dei casi l’ipertensione è primaria o “essenziale”,  cioè senza una causa specifica e identificabile. La familiarità, il sovrappeso, la sedentarietà e una dieta ricca di sale possono contribuire allo sviluppo di un’ipertensione primaria.

L’ipertensione arteriosa è una condizione quasi sempre asintomatica, anche se elevati valori pressori spesso si associano a cefalea, sensazione di “testa pesante”, una certa instabilità posturale. Vere e proprie crisi ipertensive si associano invece a sintomatologia cardiovascolare come il dolore toracico, dispnea (cattiva respirazione) e sudorazione fredda. La prevalenza di ipertensione arteriosa è molto elevata nelle popolazioni occidentali e aumenta all’aumentare dell’età. In Italia si stima che almeno 15 milioni di individui siano ipertesi. Solo la metà di essi ne è consapevole. Controllare regolarmente la pressione arteriosa e mantenerla a livelli ottimali attraverso l’adozione di uno stile di vita sano (vedremo domani come), e assumendo specifiche terapie quando necessario, secondo l’indicazione del medico curante, è fondamentale per prevenire eventuali danni di un’ipertensione cronica a carico del cervello, del cuore, delle arterie e dei reni.