BASTANO DUE ORE A SETTIMANA NELLA NATURA PER VIVERE MEGLIO

Stare a contatto con la natura per almeno 2 ore a settimana migliora la salute psico-fisica. A certificare la validità di questo concetto è un ampio studio britannico condotto dai ricercatori dell’European Centre for Environment and Human Health all’University of Exeter Medical School. Hanno analizzato 19.800 risposte fornite nel biennio 2014-2016 a un’indagine del governo britannico che valutava il “coinvolgimento nell’ambiente naturale” di un campione di residenti in Inghilterra, rappresentativo dell’intera nazione. Ai partecipanti sono state poste domande sul rapporto con la natura (visite a parchi, aree naturali, spiagge, terreni coltivati, colline e fiumi) e quesiti sulla salute e il benessere generale.
Le persone che avevano passato almeno due ore nella natura la settimana precedente la rilevazione presentavano una maggior probabilità di riferire un grande benessere (+23%) e di essere in buona salute (+59%), rispetto a quelle che non avevano avuto contatti con la natura. L’effetto positivo aumentava con l’aumentare del tempo trascorso nella natura, raggiungendo il picco con tre ore a settimana per la salute e cinque ore a settimana per la sensazione di benessere.

Sci Rep (IF=4.011) 9:7730,2019

IL CONSUMO DI CARNI ROSSE, PEGGIO SE PROCESSATE, ACCORCIA LA VITA

È noto che il consumo di carni rosse si associa a un aumentato rischio di diabete di tipo 2, di malattie cardiovascolari, di alcune forme di tumore (come il cancro del colon retto) e a una ridotta aspettativa di vita. Il rischio aumenta ulteriormente se si consumano carni rosse processate (es. salumi, hot dog, salsicce). Alcuni studi hanno associato il consumo di carni processate anche a un aumentato rischio di broncopatia cronica ostruttiva (BPCO), scompenso cardiaco, ipertensione e malattie neurodegenerative. Associazioni evidenziate da studi osservazionali, con tutti i limiti di questa tipologia di studi, ma che hanno tuttavia una plausibilità biologica, visto che le carni rosse e processate sono ricche di grassi pro-aterosclerotici (i grassi saturi), cancerogeni potenziali (es. idrocarburi aromatici policiclici e ammine eterocicliche), sodio e conservanti.
Per confermare l’esistenza di un’associazione tra variazioni nel consumo di carni rosse e mortalità nei due sessi, un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Nutrizione della Harvard School of Public Health (Boston, Usa) ha esaminato i dati relativi a due grandi studi prospettici: la coorte di 53.553 donne del Nurses’ Health Study e quella di 27.916 uomini dell’Health Professionals Follow-up Study. Endpoint principale dello studio era la mortalità.
Durante il follow-up di 1,2 milioni di anni-persona, sono stati registrati 14.019 decessi; 8.426 nel Nurses’ Health Study, 5.593 nell’Health Professionals Follow-up Study. Un aumento nel consumo di carni rosse rilevato nel corso di 8 anni è risultato associato a un più elevato rischio di mortalità nei successivi 8 anni, tanto negli uomini che nelle donne.
Un aumentato consumo di almeno mezza porzione di carni rosse al giorno è risultato associato ad un rischio di mortalità maggiorato del 10% (per le carni processate +13%, per le carni rosse non processate +9%). Una riduzione del consumo di carni rosse, processate e non, pari ad almeno mezza porzione al giorno, non ha prodotto per contro una riduzione del rischio di mortalità. Ma una riduzione del consumo di carni rosse, compensata da un contemporaneo aumento di frutta a guscio, pesce, pollo, latticini, uova, cereali integrali o vegetali, era associata a una riduzione del rischio di morte.
“Questi risultati – commentano gli autori dello studio – suggeriscono dunque che un cambiamento delle fonti di proteine alimentari e un aumentato consumo di cibi di origine vegetale può aumentare la longevità”.

Brit Med J (IF=27.604) 365:l2110,2019

LA PAPAYA

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Diffusa in tutte le regioni tropicali e subtropicali, la papaya è un piccolo albero simile alla palma. Il frutto ha l’aspetto di una grossa bacca arrotondata e può arrivare a pesare anche 10 chili. All’esterno si presenta di colore verde-giallo, mentre l’interno è di un colore arancione brillante con numerosi semi neri ricoperti di mucillagine. Nella medicina popolare la papaya viene suggerita per contrastare i disturbi digestivi; questo frutto infatti contiene diverse proteasi, come da papaina, chimopapaina e papaina A e B. È noto che tali composti risultano particolarmente efficaci come adiuvanti nella digestione proteica e nell’insufficienza pancreatica. La loro analogia con la pepsina umana gli ha attribuito il soprannome di “pepsina vegetale” e non a caso questa proprietà viene sfruttata nei prodotti impiegati per detergere le lenti a contatto dai depositi proteici. A differenza della pepsina umana, che ha bisogno di un attivatore (acido cloridrico), queste proteasi si attivano in ambiente neutro o basico. In commercio esistono molti integratori a base di papaya fermentata, a cui vengono attribuite molte proprietà antiossidanti. Di certo la composizione è interessante: caroteni, vitamina A e selenio sono agenti antiossidanti. Buono è pure il contenuto di fibra con un valore calorico modesto (30K calorie per 100 grammi).

CAMMINARE, ANCHE POCO, RIDUCE LA MORTALITÀ NELLE DONNE ANZIANE

A tutti voi è noto che camminare riduce morbidità e mortalità. Gli esperti delle Organizzazioni Internazionali pongono l’asticella dell’elisir di lunga vita a quota 10 mila passi al giorno. Che sono veramente tanti per alcuni (gli inattivi non fanno più di 2.000 passi al giorno), e una passeggiata per altri.
Ricercatori del Brigham and Women’s Hospital di Boston e Harvard Medical School hanno analizzato i livelli di attività fisica di 16741 donne di età media pari a 72 anni, e hanno poi registrato i decessi nei successivi 4.3 anni. Alle partecipati è stato chiesto di indossare un accelerometro durante le ore diurne, per 7 giorni, con il quale venivano rilevati il numero di passi giornalieri e la velocità della camminata (passi/minuto). Le donne che hanno partecipato allo studio facevano in media 5499 passi al giorno.
Nel corso del follow-up 504 donne sono decedute. Le donne che fanno circa 4.400 passi al giorno presentano una mortalità ridotta del 41% rispetto a coloro che si fermano a 2.700 passi al giorno. Aumentando il numero di passi giornalieri, la mortalità continua a diminuire fino ai 7.500 passi al giorno; oltre tale livello non si riscontrano ulteriori riduzioni della mortalità. L’intensità della camminata invece si associa a una riduzione della mortalità.
“Il consiglio di camminare 10 mila passi al giorno può scoraggiare, commentano gli autori. Il nostro studio dimostra che anche un modesto aumento nel numero di passi giornalieri si associa a una riduzione significativa della mortalità nelle donne anziane, a sostenere con forza il messaggio: camminare di più, anche un po’ di più, fa la differenza”.

JAMA Intern Med (IF=20.768) 2019 May 29. doi: 10.1001/jamainternmed.2019.0899.

PRE-DIABETE. NON È MAI TROPPO TARDI PER UNA GLICEMIA NORMALE

Nel 2017 il numero di soggetti con pre-diabete nel mondo veniva stimato intorno ai 352 milioni (7.3% della popolazione totale); un numero che le proiezioni per il 2045 danno in drastica crescita, fino a 587 milioni, pari all’8.3% della popolazione. Il pre-diabete rappresenta una condizione ad alto rischio per lo sviluppo di diabete; ogni anno, il 5-10% dei soggetti con pre-diabete progredisce infatti a una condizione di diabete conclamato e secondo l’American Diabetes Association, il 70% dei soggetti con pre-diabete è destinato a sviluppare il diabete. Ma è anche possibile tornare indietro a una condizione di normoglicemia e ci sono studi che dimostrano che ogni anno, il 3% dei soggetti con pre-diabete, nella fascia d’età tra i 25 e i 52 anni, torna a una condizione di normalità. Ma come evolve il pre-diabete in un 60enne?
Se lo sono chiesto gli autori di uno studio condotto al prestigioso Karolinska Institute di Stoccolma, che hanno seguito per 12 anni una popolazione di 2575 individui non diabetici ultra-60enni. I partecipanti sono stati arruolati nell’ambito dello Swedish National Study on Aging and Care-Kungsholmen. L’attenzione dei ricercatori si è concentrata sui 918 soggetti che all’arruolamento erano pre-diabetici (emoglobina glicata ≥5.7%). Nel 22% di essi la glicemia è tornata normale, ovvero il pre-diabete è regredito; nel 13% il pre-diabete è progredito a diabete conclamato (glicata ≥6.5%) e il 23% è deceduto. Chi presentava all’arruolamento una bassa pressione sistolica, non aveva problemi di cuore e riusciva a perdere peso aveva maggiori probabilità di tornare a una condizione di normoglicemia. Al contrario, l’obesità accelerava inesorabilmente il passaggio da pre-diabete a diabete.

È il primo studio ad aver descritto la storia naturale del pre-diabete in una popolazione anziana. I risultati della ricerca suggeriscono che anche le persone anziane possono tornare a una condizione di normoglicemia grazie alla perdita di peso e a un buon controllo della pressione arteriosa.

J Intern Med (IF=6.051) 286:326,2019

I PINOLI

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

I pinoli sono semi oleosi commestibili prodotti dal Pinus Pinea o pino comune, albero a larga diffusione nell’area mediterranea, spesso presente anche nei parchi e nei viali cittadini. La pigna viene comunemente considerata il frutto dei pini: in realtà è lo strobilo, lo pseudo frutto che funge da protezione ai piccoli semi definiti mandorle. Le pigne giungono a maturazione nel periodo di circa tre anni e in autunno cadono dall’albero per poi essere raccolte e ammucchiate fino a primavera quando, una volta essiccate, aprono le squame ed espongono i pinoli. Questi sono ancora racchiusi dal guscio legnoso e devono essere liberati, lavati, essiccati prima di essere messi in commercio. Tutti questi procedimenti aumentano i costi di produzione facendo salire il prezzo dei pinoli. Da 100 chili di pigne si ottengono circa 25 kg di pinoli con guscio e alla fine della lavorazione rimangono dai 6 agli 8 chili di prodotto per l’immissione sul mercato. Molto energetici, i pinoli contengono una elevata percentuale di lipidi (50%). Questi grassi sono insaturi e costituiti in maggior parte dall’acido linoleico (omega 6). Hanno un buon contenuto proteico e tra tutti gli amminoacidi spicca l’arginina, precursore dell’ossido nitrico noto per le sue proprietà dilatatorie sul sistema vascolare. Il buon contenuto di tocoferoli (vitamina E) caratterizza i pinoli come antiossidanti. E’ bene valutare l’elevato contenuto calorico, 600 Kcal per ogni 100 grammi, e quindi considerare sufficiente una porzione di circa 20 grammi/die.

MALATTIE CARDIACHE. RISCHI PIÙ ALTI PER I BAMBINI PREMATURI

I bambini che nascono troppo presto potrebbero avere maggiori probabilità di sviluppare malattie cardiache da adulti rispetto ai neonati a termine. In uno studio condotto dalla Icahn School of Medicina at Monte Sinai di New York, gli adulti che sono nati prima della 37a settimana di gestazione hanno fatto registrare il 53% di probabilità in più di sviluppare malattie cardiache rispetto alle persone nate a termine.
La gravidanza dura normalmente circa 40 settimane e i bambini nati dopo 37 settimane di gestazione sono considerati a termine. I bambini nati prematuramente – prima della 37a settimana – hanno spesso difficoltà a respirare e digerire il cibo nelle settimane successive alla nascita, e possono avere problemi a lungo termine come alterazioni della vista, compromissione delle capacità uditive e cognitive, problemi sociali e comportamentali.
Il parto pretermine è stato anche associato a un aumento del rischio di ipertensione e diabete a distanza di decenni. Ma la ricerca fino ad oggi non aveva collegato in modo definitivo un parto precoce a un aumentato rischio di cardiopatia ischemica.
I ricercatori hanno esaminato i dati di oltre 2.1 milioni di bambini nati in Svezia tra il 1973 e il 1994, seguendoli fino al 2015 e valutando l’incidenza di malattie cardiache. Durante il follow-up, 1.921 adulti hanno sviluppato una malattia cardiaca in età compresa tra 30 e 43 anni. Il rischio di sviluppare la malattia era significativamente maggiore nei nati prematuri (HR=1.53, CI 95% 1.20-1.94) rispetto ai nati a termine (HR=1.19, CI 95% 1.01-1.40). Il rischio era particolarmente elevato nelle donne premature (HR=1.93, CI 95% 1.28-2.90) rispetto agli uomini prematuri (HR=1.37, CI 95% 1.01-1.84).
“La nascita pretermine interrompe lo sviluppo del sistema cardiovascolare e di altri organi, portando alla formazione di strutture o funzioni anormali dei vasi sanguigni e ad altri disturbi, come il diabete, che a loro volta possono portare a malattie cardiache”, osservano glu Autori; “i nostri risultati non sono spiegati da fattori materni che potrebbero contribuire alla nascita pretermine e alla futura cardiopatia, come obesità, ipertensione, diabete e fumo. Inoltre, gli adulti nati pretermine hanno un rischio di cardiopatia maggiore dei fratelli nati a termine, il che suggerisce che i risultati non sono spiegati da altri fattori di rischio condivisi all’interno delle famiglie, ma sono più probabilmente legati agli effetti diretti della nascita pretermine”.

JAMA Pediatr (IF=12.004) 2019 Jun 3. doi: 10.1001/jamapediatrics.2019.1327

I LIVELLI DI TRIGLICERIDI POSSONO SVOLGERE UN RUOLO CHIAVE NELLA PREVISIONE DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE NELLE DONNE CON CORONAROPATIA NON OSTRUTTIVA

Queste sono le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori della Mayo Clinic di Rochester, USA, che hanno voluto studiare l’effetto predittivo dei trigliceridi sui principali eventi avversi cardiovascolari (MACE) nei pazienti con malattia coronarica non ostruttiva. Sono stati arruolati 465 pazienti (316 maschi e 149 femmine) con angina, che erano stati indirizzati a una valutazione coronarografica per sospetta ischemia, a cui è stata poi diagnosticata una malattia coronarica non ostruttiva, definita come nessuna stenosi >20%. L’età media era di 53 anni. I pazienti sono stati seguiti per 7.8 ± 4.3 anni. All’analisi multivariata che includeva l’utilizzo di statine all’arruolamento, i trigliceridi erano predittivi in modo indipendente di MACE nelle donne (HR 1.25, IC 95%: 1.06 – 1.47), ma non negli uomini.

J Am Heart Assoc (IF=4.660) 8:e009442, 2019

IL TOPINAMBUR: LA RICETTA

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Alimento versatile, il topinambur si presta a molte ricette, primi piatti, torte salate, salse. Il suo particolare gusto, che assomiglia a quello del carciofo, e la sua consistenza, che richiama la patata, lo caratterizzano come un alimento molto apprezzato. La ricetta più semplice è quella di cucinarlo trifolato e proporlo come contorno. Gli ingredienti per 4 persone sono: 800 gr. di topinambur, 3 spicchi di aglio, 30 gr. di olio extravergine, circa 200 ml. di brodo vegetale e prezzemolo tritato. Dopo aver ben spazzolato i topinambur, si sbucciano e si tagliano a fettine, che è bene immergere in acqua e limone per non farle annerire. In una padella si scalda l’olio con l’aglio per poi aggiungere le fettine di topinambur. Si porta a cottura aggiungendo il brodo vegetale al bisogno. A fine cottura si sala e si aggiunge il prezzemolo tritato. I topinambur dovranno risultare cotti e ancora croccanti.

Per porzione. Kcal 219.00. Proteine 2.02 gr. Lipidi 7.64 gr. Carboidrati 34.78 gr. Fibra 3.35 gr.

TROPPI ENERGY DRINK FANNO IMPAZZIRE IL CUORE

Gli energy drink sono bevande energetiche che contengono una miscela di sostanze stimolanti, zuccheri e altri ingredienti come la taurina e alcune vitamine del gruppo B. Se consumati in eccesso e in un breve periodo di tempo, gli energy drink possono causare rischi per la salute, in particolare per quella del cuore. Lo studio che vi proponiamo oggi dimostra che bere circa 1 litro di bevande energetiche nell’arco di un’ora aumenta la pressione sanguigna e altera la frequenza cardiaca.
I ricercatori hanno suddiviso 34 volontari sani, tra 18 e 40 anni di età, in due gruppi. Al primo è stato chiesto, per tre giorni differenti, di bere in un’ora circa un litro di due diverse bevande energetiche (drink A e drink B), entrambe contenenti un totale compreso tra i 304 e i 320 milligrammi di caffeina (ovvero sotto al limite di 400 mg al giorno) e altri ingredienti come la taurina (un amminoacido), il glucuronolattone (uno zucchero) e alcune vitamine del gruppo B. Al secondo gruppo è stato chiesto di consumare una bevanda placebo, composta da acqua gassata, succo di lime e aromi alla ciliegia. I ricercatori hanno poi monitorato l’attività elettrica del cuore e la pressione sanguigna di ciascun partecipante prima e ogni 30 minuti per le 4 ore successive al consumo delle bevande.
I volontari che hanno assunto le bevande energetiche presentavano un battito cardiaco alterato. Dopo 4 ore dall’assunzione delle bevande energetiche, l’intervallo QT all’ECG, ovvero il tempo impiegato dai ventricoli per prepararsi a generare un nuovo battito, era tra i 6 e 7.7 millisecondi più lungo rispetto a quello di coloro che avevano bevuto la bevanda placebo. Un intervallo QT troppo lungo può causare un’alterazione del battito cardiaco, o un’aritmia cardiaca, con potenziali gravi complicanze. La pressione sistolica aumentava di 14.4-15.9 mmHg dopo assunzione delle bevande energetiche, e di 9.8 mmHg dopo placebo (Figura), e superava i 140 mmHg in 8 volontari che avevano consumato bevande energetiche e solo in 2 che avevano assunto placebo.

Responsabile di queste alterazioni non può essere solo la caffeina, in quanto i livelli di questa sostanza assunti dai partecipanti erano inferiori ai limiti raccomandati dall’EFSA, l’Autorithy Europea per la sicurezza alimentare. Sarà quindi necessario analizzare gli effetti dei singoli ingredienti e le loro diverse combinazioni per poter spiegare le alterazioni riscontrate.

J Amer Heart Ass (IF=4.660) 8:e011318, 2019