LE SPEZIE

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Le spezie sono ricavate dalla lavorazione di arbusti, bacche, semi, radici, boccioli, foglie e frutti. Hanno per lo più la funzione di dare un gusto caratteristico ai cibi, di modificare il sapore di un piatto, rafforzandolo oppure rendendolo più gradevole al palato. Le spezie hanno spesso origine esotica e, nei tempi passati, sono state considerate a lungo merce preziosa. Ancora oggi molte di loro hanno un costo rilevante dovuto alla lavorazione manuale che molto spesso richiedono. Assai diffuse anche nei nostri piatti tradizionali, le spezie non apportano calorie e quindi possono essere usate liberamente secondo il gusto personale nelle diete ipocaloriche. La curcuma di origine orientale, usata in zuppe e verdure, presenta proprietà antinfiammatorie interessanti. Lo zenzero, usato molto nei dolci, oggi viene proposto anche nelle tisane o in sostituzione della cipolla in molti piatti. Il peperoncino, originario delle Americhe, è diffuso in tutto il mondo e può essere protagonista in quasi tutti i piatti dal dolce al salato. La noce moscata, originaria dell’Indonesia, è indispensabile in salse e ripieni. Il cumino, spezia mediterranea, è impiegato nei formaggi e nelle carni stufate. Con i chiodi di garofano si preparano molti dolci, carni a lunga cottura e si aromatizzano anche bevande. Il cardamomo è la terza spezia più rara tra tutte; proviene dal Nepal o dallo Sri Lanka e si abbina sia a primi piatti che ai dolci. La cannella è la spezia più utilizzata nei dolci e nei pani oltre a caratterizzare particolari ricette di pesci e di carni. L’anice stellato si usa per insaporire carni e minestre, ma è soprattutto impiegato nell’aromatizzazione della sambuca.

PRESSIONE ARTERIOSA SISTOLICA E DIASTOLICA SONO ENTRAMBE PREDITTORI DI EVENTI CARDIO- E CEREBRO-VASCOLARI, MA LA SISTOLICA HA IMPATTO MAGGIORE

Ricercatori americani hanno utilizzato i dati di 1.3 milioni di adulti di una popolazione ambulatoriale per valutare l’effetto dell’ipertensione sistolica e diastolica su un endpoint composito di infarto miocardico, ictus ischemico o ictus emorragico. Il follow-up è stato di 8 anni. Sia l’ipertensione sistolica che quella diastolica sono fattori di rischio indipendenti l’una dall’altra per l’insorgenza di eventi avversi, ma l’ipertensione sistolica (≥140 mmHg) ha un’impatto maggiore sul rischio (RR=1.18; 95%CI 1.17-1-18) dell’ipertensione diastolica (≥90 mmHg; RR=1.06; 95%CI 1.06-1.07). Risultati simili sono stati ottenuti con una soglia inferiore di ipertensione (≥130/80 mmHg) e con pressioni sistoliche e diastoliche utilizzate variabili continue, senza soglie di ipertensione.

New Engl J Med (IF=70.670) 381:243,2019

L’ESPOSIZIONE PROFESSIONALE AI PESTICIDI AUMENTA IL RISCHIO CARDIOVASCOLARE

L’esposizione sul posto di lavoro a livelli elevati di pesticidi può aumentare il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari o di avere un ictus. Ricercatori Hawaiani hanno utilizzato i dati del Kuakini Honolulu Heart Program, istituito nel 1965 per studiare le malattie cardiache negli uomini di mezza età nippo-americani che vivono sull’isola di Oahu. I partecipanti sono nati tra il 1900 e il 1919 in Giappone o alle Hawaii e avevano tra i 45 e i 68 anni all’inizio dello studio. I dati sono stati aggiornati fino al 1999, il che ha consentito fino a 34 anni di follow-up. I dati raccolti si riferiscono a 7.557 uomini che avevano fornito informazioni sulla loro storia lavorativa e non avevano malattie cardiache all’inizio dello studio. L’esposizioni ai pesticidi è stata valutata utilizzando la scala di esposizione Occupational Safety Health Administration, che stima le quantità tipiche di pesticidi a cui i lavoratori sono esposti durante una giornata lavorativa di otto ore e una settimana lavorativa di 40 ore. I ricercatori hanno quindi esaminato le cartelle cliniche per individuare chi aveva sviluppato malattie cardiovascolari.
451 uomini erano stati esposti a livelli elevati di pesticidi. Dopo controllo per altri fattori di rischio cardiovascolare, come età, peso, attività fisica, alcol e fumo, è emerso che gli uomini con elevata esposizione ai pesticidi avevano il 42% di probabilità in più rispetto a quelli senza nessuna esposizione di sviluppare malattie cardiovascolari durante i primi 10 anni di follow-up.
I lavoratori agricoli dovrebbero sempre indossare dispositivi di protezione individuale e anche dopo il pensionamento dovrebbero continuare a monitorare la loro salute per quanto riguarda le complicanze cardiovascolari. I pesticidi hanno infatti una lunga emivita e rimangono nel corpo per molto tempo, quindi gli effetti collaterali possono comparire anche 10-20 anni dopo l’esposizione.

J Am Heart Assoc (IF=4.660) 8:e012569,2019

UN ANTICORPO ANTI-CD3 RITARDA LA COMPARSA DI DIABETE DI TIPO 1 IN SOGGETTI AD ALTO RISCHIO

Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune che porta alla distruzione delle cellule pancreatiche di tipo beta deputate alla produzione di insulina e quindi alla dipendenza dall’insulina esogena. Uno studio multicentrico ha valutato se la somministrazione di Teplizumab, un anticorpo monoclonale anti-CD3, sia in grado di ritardare l’insorgenza di diabete di tipo 1 nei familiari di pazienti con la malattia, che non avevano diabete ma erano ad alto rischio di sviluppo della malattia. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a un trattamento di 14 giorni con Teplizumab o placebo. Il follow-up per la progressione a diabete è stato eseguito con l’uso di test orali di tolleranza al glucosio a intervalli di 6 mesi. Un totale di 76 partecipanti (di cui 55 [72%] ≤18 anni) sono stati sottoposti a randomizzazione, 44 nel gruppo Teplizumab e 32 nel gruppo placebo.

La malattia è stata diagnosticata in 19 (43%) dei partecipanti che hanno ricevuto Teplizumab e in 23 (72%) di quelli che hanno ricevuto il placebo. Il tempo trascorso prima della diagnosi di diabete di tipo 1 è stato di 48.4 mesi nel gruppo Teplizumab e 24.4 mesi nel gruppo placebo. L’incidenza annuale di diagnosi di diabete è stata del 14.9% nel gruppo Teplizumab e del 35.9% nel gruppo placebo. Come eventi avversi, sono stati segnalati casi di eruzione cutanea e linfopenia transitoria. Pertanto, si dimostra che Teplizumab è in grado di ritardare la progressione verso il diabete di tipo 1 in soggetti ad alto rischio.

N Engl J Med (IF=70.670) 381:603, 2019

PRODOTTI AGROALIMENTARI TRADIZIONALI: LA MESCIUA

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

La mesciua è uno tra i piatti più popolari della cucina ligure. In dialetto ligure mesciua significa mescolanza, ciò comporta che non esista una ricetta univoca di questa zuppa composta da legumi e farro. La tradizione narra che le mogli dei portuali raccogliessero al porto le granaglie e i legumi caduti dai sacchi durante lo scarico delle merci dalle navi. Con questo misero raccolto veniva quindi preparata una zuppa, nel tempo divenuta caratteristica della città di La Spezia, dove le trattorie ancora oggi la propongono. I ceci e i fagioli devono essere cotti separatamente e così anche il farro. Una volta lessato, il tutto viene assemblato (“miscelato”, appunto) con aggiunta di olio extravergine d’oliva. È una lunga cottura che oggi viene evitata grazie alla messa in commercio dei relativi ingredienti già lessati in sacchetti, pronti per essere commisti nella mesciua. Alcuni aggiungono alla fine un tocco di origano, ma i “puristi” tollerano solo un’eventuale macinata di pepe. Da un punto di vista nutrizionale è un ottimo piatto unico, indicato anche ai vegani, che può essere consumato sovente e senza alcuna controindicazione.

DONATORI DI RENE A RISCHIO DI IPERTENSIONE

Secondo i risultati dello studio in corso WHOLE-Donor, i donatori di rene presentano un maggior rischio di sviluppare ipertensione. La donazione di rene da vivente è da tempo legata a un rischio aumentato di malattia renale allo stadio terminale (ESKD), che nella maggior parte dei casi deriva dall’ipertensione. Non è ancora chiaro come l’ipertensione si sviluppi e progredisca nei donatori di rene viventi rispetto ai non donatori.
Ricercatori della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, USA, hanno valutato il rischio a lungo termine di ipertensione in 1.295 donatori di rene viventi e in 8.233 non donatori sani. I dati sono stati estrapolati dalle coorti dell’Atherosclerosis Risk in Communities (ARIC) e del Coronary Artery Risk Development in Young Adults (CARDIA).

 

Al follow-up del quindicesimo anno, l’8% dei non donatori caucasici e il 9% di quelli afroamericani aveva sviluppato ipertensione, rispetto al 23% dei donatori di rene caucasici e al 42% dei donatori afroamericani. A prescindere dall’etnia, la donazione di rene è stata associata a un aumento del 19% del rischio di ipertensione. Occorre un maggiore sforzo per individuare le opportunità e le pratiche migliori per prevenire, riconoscere e gestire l’ipertensione nei donatori di rene viventi.

Clin J Am Soc Nephrol (IF=6.243) 14:1493,2019

VEGETARIANI: BENE IL CUORE, MA ATTENZIONE AL CERVELLO

Un ampio studio condotto dall’Università di Oxford indica che le persone che seguono diete vegetariane o vegane hanno minori probabilità di sviluppare cardiopatie, ma presentano maggiori possibilità di avere un ictus rispetto a chi mangia carne.
I ricercatori hanno seguito 48.188 adulti di mezza età non affetti da malattie cardiovascolari per circa 18 anni. I ricercatori hanno valutato le abitudini alimentari con questionari all’inizio dello studio; alcuni partecipanti hanno completato altri questionari circa 14 anni dopo. Le persone che mangiavano carne, a prescindere che consumassero anche pesce, latticini o uova, sono state classificate come carnivore; all’inizio dello studio erano 24.428 e il 96% è rimasto carnivoro nel follow-up. Altre 7.506 persone mangiavano pesce ma non carne all’inizio dello studio e il 57% ha mantenuto le sue abitudini. 16.254 soggetti hanno iniziato come vegetariani o vegani, non mangiando carne o pesce, e il 73% hanno continuato ad astenersi durante il follow-up.

Durante i 18 anni di follow-up, 2.820 individui hanno sviluppato una coronaropatia, 519 hanno avuto ictus ischemici e 300 ictus emorragici. I vegetariani, inclusi i vegani, avevano il 22% in meno di probabilità di sviluppare coronaropatia rispetto ai carnivori; 10 casi in meno su 1.000 persone in un decennio. Tuttavia, vegetariani e vegani avevano il 20% in più di probabilità di avere un ictus, soprattutto emorragico; in 10 anni ciò si traduce in circa tre ictus in più ogni 1.000 persone.
Sia chi mangiava pesce che i vegetariani avevano in media un BMI più basso e tassi inferiori di ipertensione, ipercolesterolemia e diabete rispetto a chi mangiava carne, il che potrebbe spiegare il rischio inferiore di cardiopatie nei vegetariani. Il motivo dell’aumentato rischio di ictus nei vegetariani è meno chiaro, ma alcune recenti evidenze suggeriscono che mentre bassi livelli di colesterolo sono protettivi contro cardiopatia e ictus ischemico, livelli di colesterolo molto bassi potrebbero essere legati a un maggior rischio di ictus emorragico, il sottotipo riscontrato di maggiormente nei vegetariani.

BMJ (IF=27.604) 366:l489,2019

IL CANE, UN ELISIR PER IL CUORE

Ricercatori della Mayo Clinic di Rochester, negli USA hanno analizzato come possedere un cane possa contribuire a una migliore salute del cuore. Lo studio ha incluso 1769 abitanti (età 25-64) di Brno, nella Repubblica Ceca, non affetti da cardiopatia al momento del reclutamento, nel 2013-2014. Il 42% dei partecipanti possedeva un animale, più della metà un cane. Dopo aver considerato età, sesso e livello di istruzione, i ricercatori hanno rilevato che il possesso di un cane era associato a un punteggio di salute cardiovascolare più elevato rispetto alle persone con altri tipi di animali o senza animali. Eccetto per l’abitudine al fumo, i proprietari di cani facevano più attività fisica, seguivano un’alimentazione sana, tendevano ad avere livelli più elevati di colesterolo HDL e una minore prevalenza di diabete. Anche i proprietari di altri animali, come gatti o cavalli, presentavano punteggi relativi alla salute cardiovascolare più elevati rispetto a chi non ne possedeva alcuno, ma questa differenza è scomparsa dopo aggiustamento per età, sesso e livelli di istruzione.

Mayo Clin Proc (IF=7.091) 3:268, 2019

INSONNIA E RISCHIO CARDIOVASCOLARE

Diversi studi osservazionali hanno posto attenzione all’associazione tra insonnia e rischio di malattie cardiovascolari, ma ad oggi la natura causale di questa correlazione non è stata appurata. Partendo da questo presupposto, ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma e dell’Università di Cambridge hanno indagato se varianti geniche associate all’insonnia, fossero favorissero anche l’insorgenza di coronaropatia, insufficienza cardiaca, fibrillazione atriale e ictus ischemico.
Dopo correzione per molteplici variabili, la “responsabilità” genetica per l’insonnia è risultata associata a un aumento del 9-13% di coronaropatia, dell’11-19% di insufficienza cardiaca e del 5-8% di ictus ischemico. Ne deriva che misure volte a migliorare durata e qualità del sonno sono importante non solo per il benessere generale, ma anche per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

Circulation (IF=23.054) 140:796,2019

LE ERBE AROMATICHE

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Le erbe aromatiche vengono utilizzate soprattutto fresche, spesso aggiunte nel preparato verso la fine della cottura o a cottura ultimata: si sfruttano di solito le foglie fresche per conferire un determinato aroma agli alimenti senza modificare il sapore delle pietanze. Il Basilico è erba aromatica più estiva, aggiunta a pomodori o verdure estive è adatto anche a zuppe e minestre, sposandosi bene con pasta e riso in forma di “pesto”. Prezzemolo è l’erba più versatile e presente in cucina. Lega con tutte le verdure ma anche con le patate e i legumi, è perfetto nelle insalate di riso. L’Origano, unito a pomodoro e alla pizza, è un classico e inconfondibile aroma, ma abbinato ai legumi contribuisce a evitare le fermentazioni. L’Erba cipollina ha un sapore delicato e spesso viene utilizzata per insaporire burro e yogurt. Il Rosmarino si accoppia alle patate e a tutte le carni arrosto, oltre a essere anche impiegato nelle vellutate. La Salvia è spesso aggiunta al burro fuso per aromatizzare la pasta e il riso, nonchè agli arrosti di carne bianca; si abbina molto bene con limone e mele. Il Timo è ottimo con tutte le verdure e con i legumi come pure con le frittate, si aggiunge talvolta anche alle macedonie. La Maggiorana si usa per aromatizzare carni e pesci dal sapore forte ed è ottima con formaggi e funghi, tra le verdure è consigliata con gli asparagi. Infine l’Alloro si utilizza con tutti i legumi ma soprattutto con le verdure più dolci come zucca e patate.