La depressione è un problema relativamente comune nei pazienti cardiopatici, interessa un paziente su 5 con malattia delle arterie coronarie, arteriopatia periferica e insufficienza cardiaca, e si associa ad aumentata mortalità e peggiore qualità di vita. La depressione complica poi la gestione della malattia cardiovascolare, aggravando i fattori di rischio e riducendo l’adesione a stili di vita sani e alle corrette terapie mediche. Pertanto, i pazienti con patologie cardiovascolari dovrebbero essere sottoposti a screeening per diagnosticare ed eventualmente gestire la depressione. L’American Heart Association raccomanda infatti di effettuare controlli per depressione su tutti i pazienti con malattia cardiovascolare.
I ricercatori della Icahn School of Medicine presso il Mount Sinai di New York consigliano un approccio pratico per lo screening e la gestione della depressione in pazienti con malattia cardiovascolare e raccomandano l’utilizzo del Patient Health Questionnaire con due domande (PHQ-2) per la sua semplicità d’uso, la disponibilità in varie lingue e l’accessibilità pubblica. I pazienti che risultano positivi possono rispondere immediatamente alle altre sette domande del PHQ-9, che integra i criteri diagnostici per la depressione del DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e altri importanti sintomi depressivi, ed è anch’esso disponibile online.
Gli screening positivi non forniscono una diagnosi, per cui vanno effettuate ulteriori valutazioni tramite strumenti strutturati o colloqui condotti dal medico di famiglia e/o da uno specialista di salute mentale, che lavorano con il cardiologo del paziente. Nel frattempo, chi risulta positivo ai controlli per depressione dovrebbe essere immediatamente valutato per il rischio di tentazione suicida.
La gestione della depressione in pazienti con malattia cardiovascolare può prevedere terapia farmacologica, psicoterapia e/o esercizio fisico. Tutto ciò può ridurre i sintomi depressivi e migliorare la qualità della vita. La strategia di gestione dovrebbe essere determinata da un team multidisciplinare, che include medici di famiglia e specialisti di salute mentale. Ciò è particolarmente importante nei gravi episodi di depressione maggiore e per i soggetti che rischiano di fare del male a sé stessi o agli altri. Gli autori forniscono degli algoritmi per guidare lo screening di routine per la depressione e un approccio sequenziale alla gestione della patologia in pazienti con malattia cardiovascolare.
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I rabaton sono gnocchi particolari, dalla tipica forma a bastoncino. Tipici della piana tra Alessandria e Torino, la zona denominata “la Fraschetta”, prendono il nome dal dialetto piemontese: rabatar cioè rotolare un pezzo di impasto per formare un bastoncino della grandezza di un sigaro. La consistenza è simile a quella degli gnocchi di patate mentre il sapore ricorda i canederli trentini. Gli ingredienti sono ricotta, biete, uova, pan grattato e parmigiano. Nascono in questa zona perché i pastori con le loro greggi passavano in primavera in transumanza per raggiungere i pascoli estivi. La ricotta, ingrediente fresco e non conservabile, spesso veniva scambiata per altri prodotti meno deteriorabili. Le massaie dell’alto Monferrato impiegarono le biete prodotte negli orti per creare, unendole alla ricotta, una ricetta facile e gustosa. I rabaton si immergono in acqua bollente per pochi minuti e poi si fanno gratinare in forno con burro e parmigiano. Ogni anno si tiene una sagra nelle strade di Litta Parodi, dove nel 1999 è nata la confraternita du Rabaton.

Plinio il vecchio definì il cedro ”la mela assira”: infatti il frutto fu importato in Europa dal Medio Oriente. Si diffuse rapidamente in tutto il bacino del Mediterraneo grazie agli Ebrei che tuttora lo consumano nelle festività dei tabernacoli in agosto. In Italia esiste una rinomata coltivazione in Calabria, chiamata la “riviera dei cedri” in provincia di Cosenza, dove viene coltivata la varietà liscio di Diamante. Il cedro è un agrume appartenente alla famiglia delle Rutacee e si presenta come un grande arbusto capace di raggiungere anche i 4 metri di altezza. Il frutto ha una buccia molto spessa, aromatica, con all’interno una scorza bianca che costituisce il 70% del peso totale. La polpa, succosa e dal gusto amaro, viene utilizzata per la preparazione di bibite o marmellate. La parte pregiata del frutto è la scorza, ricca di olio essenziale assai utilizzato nell’industria cosmetica per la preparazione di saponi e profumi. Tra tutte le varietà, si preferisce la cedrina in quanto più ricca di essenza. Il cedro presenta un buon contenuto di vitamina C e di antiossidanti. Povero di calorie (solo 32 kcal per 100 grammi) è indicato anche nelle diete per diabetici, come dimostrato da uno studio svolto dalla facoltà di scienze farmacologiche dellUniversità della Calabria.
L’endpoint primario si è verificato nel 15.9% dei pazienti con PAD e diabete rispetto al 10.4% di quelli senza diabete (differenza assoluta di rischio 5.5%, HR: 1.56, 95% CI: 1.41-1.72; p <0,001). Ogni aumento dell’1% di HbA1c era associato a un aumento del 14.2% del rischio relativo per MACE (IC 95%: 1.09-1.20; p <0,0001).
L’aumento dell’aspettativa di vita può rappresentare sia un’opportunità, che una minaccia per il welfare delle popolazioni, a seconda dei problemi di salute correlati all’età che le persone sviluppano, indipendentemente dall’età anagrafica. Le patologie correlate all’età possono portare infatti al pensionamento anticipato, a una contrazione della forza lavoro e a un aumento della spesa sanitaria. Le autorità governativa e gli altri stakeholder implicati nei sistemi sanitari devono sapere a quale età le persone cominciano a risentire degli effetti negativi dell’invecchiamento.
Antichissima bevanda, l’idromele è un composto fermentato ottenuto da acqua (idro) e miele (meli). Le prime notizie provengono addirittura dalle civiltà precolombiane dove i Maya chiamavano l’infuso balche, dalla radice dell’albero con cui aromatizzavano la bevanda, che veniva riservata solo ai sacerdoti per officiare rituali religiosi. Nel nostro mondo la diffusione dell’idromele si ebbe principalmente nell’Europa del nord fra i popoli celtici. Inizialmente furono i Druidi ad utilizzarla per le feste religiose ma ben presto divenne bevanda per tuttala popolazione. Mantenne però nel tempo una valenza propiziatoria in riferimento allo scandire delle stagioni. Sembra che la nostra espressione “luna di miele” nasca dall’usanza di portare alla sposa un quantitativo adeguato (28 giorni) di idromele come auspicio di abbondanza e fertilità. Al giorno d’oggi la produzione avviene solo a livello artigianale. La qualità del prodotto è data dalle caratteristiche del miele usato oltre, ovviamente, alla perizia del produttore, che deve monitorare costantemente la bevanda. Infatti dopo una prima fermentazione dovuta ai lieviti naturali del miele, se ne compie, nel tempo, una seconda, meno aggressiva, ma che determina le caratteristiche finali. Al gusto si deve avvertire un aroma di “pan brioche” ed i più esperti riescono a riconoscere la qualità del miele con cui si è prodotto il mosto.