
Un controllo pressorio intensivo (pressione arteriosa sistolica, PAS<120 mmHg) rispetto a quello standard (<140 mmHg) non riduce l’incidenza di demenza e di deterioramento cognitivo di grado lieve: è quanto descritto dai ricercatori del gruppo SPRINT MIND (Memory and cognition IN Decreased hypertension), lo studio ancillare del Systolic Blood Pressure Intervention Trial (SPRINT). Come già menzionato su questa pagina, lo studio ha arruolato adulti ipertesi di età ≥50 anni, senza anamnesi di diabete o ictus, randomizzati a un obiettivo di PAS<120 mmHg (gruppo di trattamento intensivo, n = 4.678) o PAS<140 mmHg (gruppo di trattamento standard, n = 4.683). La randomizzazione è iniziata nel novembre 2010, con termine di follow-up per gli outcomes cognitivi (demenza e deterioramento cognitivo lieve) fissato a luglio 2018. La funzione cognitiva è stata valutata mediante uno screening iniziale basato sulla valutazione della funzione cognitiva globale (Montreal Cognitive Assessment [MoCA]), su test di apprendimento e memoria (Logical Memory forms e Wechsler Memory Scale) e sulla velocità di elaborazione (Digit Symbol Coding Test della Wechsler Adult Intelligence Scale). A questi si aggiungeva il Functional Activities Questionnaire per la valutazione dello stato funzionale. In base al punteggio ottenuto i partecipanti potevano essere indirizzati a batterie di esami aggiuntivi, mentre informazioni cliniche supplementari, comprensive di sintomi psichiatrici e di informazioni sulla qualità della vita, nonché eventuali ospedalizzazioni contribuivano a definire l’outcome di interesse. Tra i 9.361 partecipanti randomizzati (età media 67.9 anni, 3.332 donne [35,6%]), 8.563 (91,5%) hanno completato almeno 1 valutazione cognitiva di follow-up. Durante un follow-up mediano totale di 5.11 anni, 149 partecipanti nel gruppo di trattamento intensivo e 176 nel gruppo di trattamento standard hanno sviluppato una demenza (7.2 vs 8.6 casi per 1.000 anni-persona, HR 0.83; 95% CI, 0.67-1.04), una differenza non statisticamente significativa. Il controllo intensivo della pressione arteriosa ha invece ridotto significativamente il rischio di decadimento cognitivo lieve (14.6 vs 18.3 casi per 1000 persone-anno, HR 0.81, 95% CI, 0.69-0.95), con effetto attenuato dopo correzioni multiple.
JAMA (IF=47.661) 321:553,2019

L’automisurazione della pressione arteriosa predice meglio la prognosi rispetto alla misurazione clinica, è popolare tra i pazienti e approvata dalle linee guida su diagnosi e terapia dell’ipertensione. Tuttavia, c’è incertezza sul programma di autocontrollo ottimale. Gli autori dello studio che vi proponiamo oggi hanno cercato di determinare il programma di automisurazione ottimale per prevedere futuri eventi cardiovascolari e determinare la “vera” pressione arteriosa del paziente. A tale scopo sono stati inclusi nell’analisi i risultati di 37 studi che hanno confrontato diversi programmi di automisurazione con prognosi o affidabilità/riproducibilità in adulti ipertesi. Aumentare il numero di giorni di misurazione ha migliorato la potenza prognostica: il 72%-91% del valore predittivo massimo teorico è stato raggiunto con misurazioni per 3 giorni consecutivi; sale all’86%-96% con misurazioni per 7 giorni. I dati disponibili sono ancora relativamente scarsi, ma si deduce che momento della misurazione (p. es. mattina o sera) e numero di misurazioni giornaliere non influenzano il valore predittivo dell’automisurazione. Gli autori concludono che la pressione arteriosa domiciliare può essere misurata per 3 giorni, aumentati a 7 solo quando la pressione arteriosa media è vicina a una soglia diagnostica o di trattamento.
Il valore target di SBP da raggiungere con il trattamento (purché ben tollerato) negli anziani (sia 65-79 anni che ≥80 anni) è di 130-139 mmHg, più elevato rispetto ai più giovani, per i quali il target è ≤130 mmHg.
Lo smartphone sovrastimava la PS quando questa era bassa e la sottostimava quando era in un intervallo medio-alto (Figura). Lo studio pubblicato ha coinvolto un numero molto limitato di soggetti in una particolare condizione clinica, e i risultati non vanno quindi estrapolati alla popolazione generale. Tuttavia, in attesa dei risultati sull’intera coorte dello studio iPARR, la misurazione della PA con lo smartphone deve essere considerata inattendibile.