FABBISOGNO CALORICO GIORNALIERO

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Il fabbisogno calorico giornaliero corrisponde al quantitativo di energia di origine alimentare che un individuo deve introdurre per svolgere tutte le attività e mantenersi in buona salute. I Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazioione italiana (LARN) stabiliscono il giusto apporto di calorie a seconda dell’età, del sesso e dell’attività fisica svolta

(Società Italiana di Nutrizione Umana. Livelli di assunzione raccomandati di energia per la popolazione italiana).

 

MANGIAMO MEDITERRANEO! COSİ SI RIDUCONO GLI EVENTI CARDIOVASCOLARI

Studi di coorte osservazionali e uno studio di prevenzione secondaria hanno mostrato una associazione inversa tra aderenza alla dieta mediterranea e rischio cardiovascolare. Ricercatori coordinati da Ramón Estruch dell’Instituto de Salud Carlos III di Madrid hanno aggiunto un ulteriore mattoncino a favore della dieta mediterranea con lo studio PREDIMED (Prevención con Dieta Mediterránea), uno studio prospettico di prevenzione primaria, che ha arruolato 7.447 individui (55-80 anni, 57% donne) ad alto rischio cardiovascolare, ma senza malattia cardiovascolare all’arruolamento. I partecipanti sono stati suddivisi in 3 gruppi: a un gruppo (n=2543) è stata prescritta dieta mediterranea integrata con olio d’oliva extravergine (almeno 4 cucchiai al giorno), a un gruppo (n=2454) una dieta mediterranea integrata con frutta secca mista (30 gr. al giorno di noci, nocciole e mandorle) e a un terzo gruppo (n=2450) una dieta controllata standard. L’endpoint primario era un evento cardiovascolare maggiore (MCE: infarto miocardico, ictus o morte per cause cardiovascolari).

Durante il follow-up di 4.8 anni si sono verificati 288 MCE: 96 nel gruppo dieta mediterranea+olio d’oliva, 83 nel gruppo dieta mediterranea+frutta secca, 109 nel gruppo controllo. La dieta mediterranea ha ridotto gli eventi del 31% quando integrata con olio d’oliva e del 28% quando intergrata con frutta secca.

New Engl J Med (IF=79.258) 378:e34,2018

COSÌ LE DONNE MANDANO IN FUMO LA LORO SALUTE

Il fumo uccide ogni anno nel nostro Paese più di 70mila persone. Ciononostante quasi 12 milioni di italiani, il 20 per cento della popolazione, continuano ad accendersi almeno una sigaretta ogni giorno (e abbiamo visto recentemente su questa pagina come una sigaretta al giorno basta ad aumentare il rischio cardiovascolare). Secondo i dati dell’Osservatorio fumo alcol e droga dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il numero delle donne fumatrici è in crescita (da 4.6 milioni del 2016 a 5.7 milioni del 2017), mentre quello degli uomini è in calo (da 6.9 a 6.0 milioni). Se non si riuscirà a invertire questa tendenza, l’impatto sulla salute femminile nei prossimi decenni sarà disastroso. Nel nostro Paese stanno infatti già aumentando le malattie correlate al tabacco nella popolazione femminile.  A parte il ben noto ruolo del fumo sull’insorgenza di cancro e malattie cardiovascolari, nelle donne il fumo compromette la fertilità e la salute riproduttiva, si associa a menopausa precoce e fragilità delle ossa. Quindi smettere di accendere sigarette deve diventare una priorità per le donne fumatrici.

Le strategie a disposizione per smettere di fumare sono tante: la terapia sostitutiva della nicotina, di cui è stata ampiamente dimostrata l’efficacia, consiste nell’utilizzare diversi medicinali con un basso contenuto di nicotina in modo tale da attenuare i sintomi dell’astinenza. Caramelle, cerotti, inalatori o gomme da masticare possono essere acquistati in farmacia, senza ricetta, ma per stabilire tempi e dosi è bene seguire i consigli del proprio medico. Oppure si può ricorrere alla terapia farmacologica a base di vareniclina, bupropione o citisina, che sono in grado di ridurre il desiderio di nicotina e i sintomi di astinenza e rappresentano un valido sostegno anche per la dipendenza psicologica (deve essere prescritta dal medico che stabilisce tempi e dosaggi). A queste strategie si aggiungono il sostegno psicologico e gruppi di auto-aiuto, utili a motivare i fumatori e sostenerli nella propria scelta di smettere.

PRODOTTI AGROALIMENTARI TRADIZIONALI: IL CUZ

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Il cuz è un piatto antichissimo, che sembra risalire all’epoca delle invasioni barbariche di antiche tribù ungheresi. Oggi si può trovare solo in val Corteno nell’alta val Camonica, dove viene ancora riproposto. In realtà non nasce come piatto tradizionale, ma come modo di conservazione della carne, principalmente ovina. Le ule, tipici contenitori di legno o di terracotta, venivano preparate in autunno con la carne degli animali, che durante la transumanza dovevano essere abbattuti a causa di ferite o incidenti. Il cuz si presenta come uno spezzatino di carne che viene cotto per lunghe ore in un pentolone senza mai mescolarlo; viene posizionato al centro della pentola un bastone di legno di ginepro che ha lo scopo di far affiorare in superficie il grasso della carne. A cottura ultimata, la carne viene riposta nelle ule per essere poi consumata durante l‘inverno,  o come piatto della festa, oppure come aggiunta in piccole quantità alle minestre più povere.

RIDUZIONE DEL COLESTEROLO LDL NELLA PREVENZIONE SECONDARIA: BENEFICI DI UN TRATTAMENTO INTENSIVO

Negli ultimi anni i pazienti con ipercolesterolemia hanno potuto beneficiare dell’introduzione di nuovi farmaci che hanno consentito il raggiungimento di livelli di colesterolo LDL (LDL-C) molto bassi. Una domanda ricorrente tra esperti, medici e pazienti riguarda l’eventuale beneficio, in termini di riduzione del rischio, ottenibile con il raggiungimento di valori così bassi di LDL-C. Per rispondere, è stata recentemente condotta una meta-analisi di trials randomizzati e controllati che hanno arruolato un numero minimo di 500 pazienti in trattamento con statine (15 trials), ezetimibe (1 trial) o inibitori di PCSK9 (3 trials), seguendoli in follow-up per almeno un anno. 19 trials per un totale di 152.507 pazienti, che hanno seguito una terapia più intensiva (statina ad alte dosi, combinazione di statina ed ezetimibe/anti-PCSK9; n=76.678) o meno intensiva (n=75.829) dell’ipercolesterolemia.

Gli eventi cardiovascolari maggiori (morte cardiovascolare, infarto, rivascolarizzazione coronarica e ictus) si riducono del 19% nei pazienti in trattamento intensivo. La riduzione degli eventi è maggiore tanto maggiori sono i valori basali di LDL-C e la riduzione di tali livelli prodotta dalla terapia (Figura).

Eur Heart J (IF=20.212) 39:1172,2018

L’ALIMENTAZIONE NELLA PREVENZIONE DELLE MALATTIE CRONICHE

Tutto è iniziato, ormai molti anni fa, con le diete per perdere peso. Poi si è andato affermando il concetto che una corretta alimentazione possa contribuire alla prevenzione delle malattie. Infine si è arrivati ad affermare che con l’alimentazione si possano addirittura curare alcune malattie, messaggio fuorviante e pericoloso, spesso proposto da individui con pochi scrupoli a pazienti logorati da lunghe malattie.
Se, come sempre facciamo su questa pagina, il giudizio si basa su robuste evidenze scientifiche, il messaggio corretto è: una corretta alimentazione aiuta nella prevenzione delle malattie croniche, non sostituendosi alle terapie farmacologiche quando queste sono indicate e necessarie.
Quando consideriamo le evidenze scientifiche, la prima distinzione da fare, esaminando gli studi di nutrizione, è tra studi di intervento e studi osservazionali. Nei primi si può essere certi dei “pattern alimentari” (quantità, proporzioni, varietà, combinazioni di diversi alimenti e bevande, frequenza con la quale vengono consumati) in quanto direttamente definiti dai ricercatori; nei secondi, in cui i dati sull’alimentazione sono spesso auto-riferiti dai partecipanti, l’effettivo pattern alimentare è più incerto, e altrettanto meno certa è la credibilità del risultato. Va da sé che le evidenze più robuste sono quelle che derivano dai trial clinici randomizzati (di intervento), visto che il loro disegno minimizza il rischio di “errori” procedurali. Un’ottima revisione dei dati scientifici disponibili è stata recentemente condotta da un team internazionale guidato da MB Schulze, e pubblicata sul British Medical Journal. Ecco i messaggi principali.
Nel considerare singoli alimenti, è chiaro che un elevato consumo di cereali integrali si associa a una riduzione del rischio di sviluppare diabete di tipo 2, eventi cardiovascolari, ictus e cancro; al contrario l’assunzione di carni processate e di carni rosse non processate si associata a un aumento del rischio. Per altri alimenti le evidenze sono meno consistenti e spesso relative a una singola patologia. Per esempio, il consumo di frutta e verdura è associato a un minor rischio di cancro, infarto e ictus, ma non di diabete di tipo 2. L’assunzione di latticini fermentati sembra produrre in maniera abbastanza convincente una riduzione del rischio di malattie cardio-metaboliche, e il consumo di latticini in genere sembra rilevante nel ridurre il rischio di cancro del colon retto. Le bevande zuccherate aumentano il rischio di diabete di tipo 2, infarto, ictus. Il consumo di caffè (l’optimum viene fissato sulle 3-5 tazze al giorno) è associato invece a un ridotto rischio di diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, e svariati tumori.

Per quanto riguarda i “pattern alimentari”, la cosiddetta dieta mediterranea, che privilegia il consumo di frutta (fresca e secca), vegetali, legumi, cereali e pesce, limitando invece carne e latticini, emerge ancora una volta come alimentazione ideale, essendo chiaramente associata a un ridotto rischio di diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari (incluse fibrillazione atriale e arteriopatia periferica) e vari tipi di cancro.

BMJ (IF=20.785) 361:K2396,2018

MISURARE LA PRESSIONE ARTERIOSA CON LO SMARTPHONE? ANCHE NO

L’utilizzo di apps e smartphones per scopi sanitari è in grande espansione in tutto il mondo. Alcune di esse si propongono di stimare la pressione arteriosa (PA) sfruttando i segnali fotopletismografici registrati dalla fotocamera dello smartphone. Nessuna di tale apps è stata fino a oggi testata scientificamente. Lo studio iPARR (iPhone App Compared With Standard RR Measurement) si propone di confrontare le misurazioni della PA effettuate con smartphone e con un misuratore di pressione automatico (oggi il metodo consigliato per il monitoraggio della PA). Condotto dall’Ospedale Universitario di Basilea, ha coinvolto più di 1000 individui e non è stato ancora terminato.

I risultati ottenuti in un sottogruppo di 32 donne gravide sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Hypertension. Ciascuna donna è stata sottoposta a tre misurazioni con i due strumenti, per un totale di 96 confronti. La pressione sistolica (PS) misurata con lo smartphone era in media più elevata di 5 mmHg rispetto a quella rilevata con lo strumento di riferimento, con una grande variabilità da misurazione a misurazione. 31, 53 e 64 dei 96 confronti mostravano una differenza di PS di 0-5, 0-10 o 0-15 mmHg.

Lo smartphone sovrastimava la PS quando questa era bassa e la sottostimava quando era in un intervallo medio-alto (Figura). Lo studio pubblicato ha coinvolto un numero molto limitato di soggetti in una particolare condizione clinica, e i risultati non vanno quindi estrapolati alla popolazione generale. Tuttavia, in attesa dei risultati sull’intera coorte dello studio iPARR, la misurazione della PA con lo smartphone deve essere considerata inattendibile.

Hypertension (IF=6.857) 71:1164,2018

LE CILIEGIE

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Sembra che sia stato Lucullo a portare dalla Cappadocia il primo albero di ciliegie, facendo così conoscere in Italia questo antico frutto. Presente sulle tavole rinascimentali come prelibatezza, la coltivazione più intensiva si è diffusa solo nel ‘700. L’Italia è uno dei principali produttori a livello europeo con una varietà ragguardevole di questo frutto. Si contano 150 tipologie diverse di ciliegie tutte raggruppate in due categorie: le tenerine e le durine. Le ciliegie hanno un basso valore calorico, infatti vengono consigliate nelle diete(38 Kcal per ogni 100 grammi). Ricche di vitamine (B1, B2, C) e di sali minerali (sodio, potassio), non solo risultano particolarmente gradevoli ma anche dissetanti ed energetiche. Contengono antocianine, antiossidante presente in quantità soprattutto nella visciola, un tipo di ciliegia selvatica. Nella cultura popolare le ciliegie sono considerate un ottimo frutto depurativo e, con i loro picciòli, si prepara un infuso che, sempre secondo antiche dicerie, bevuto per 15 giorni consecutivi, rinvigorisce chiunque.

100 gr. di ciliegie. Kcal 38.0; carboidrati 9.0 gr; proteine 0.8 gr; lipidi 0.1 gr; fibra 1.3 gr.

LA PASTA NON FA INGRASSARE

Se siete a dieta, non ha senso rinunciare alla pasta. Un nuovo studio dimostra che il piatto simbolo dell’alimentazione italiana non favorisce l’aumento del peso corporeo. A evidenziarlo è una meta-analisi condotta da ricercatori canadesi guidati da John Sievenpiper dell’Università di Toronto. Gli autori hanno analizzato 32 studi che hanno confrontato gli effetti di una dieta basata su alimenti a basso indice glicemico (inclusa la pasta) rispetto a una dieta ad alto indice glicemico, senza pasta. In totale, i dati riguardavano 2.448 partecipanti, sovrappeso o obesi, seguiti per almeno 12 settimane, in alcuni casi fino a 24 settimane. Alla fine delle due diete le persone che seguivano la dieta a basso indice glicemico pesavano un po’ meno (0.63 kg) e avevano un indice di massa corporea (BMI) più basso (-0.26 kg/m2); non c’erano differenze in altre misure di sovrappeso come massa grassa corporea, circonferenza vita e rapporto vita-fianchi.

“C’è un forte sentimento nell’opinione pubblica contro i carboidrati alimentari; volevamo vedere se fosse giustificato” ha detto Sievenpiper, che per spiegare l’effetto evidenziato ipotizza che quando farina e acqua vengono mescolate e poi lasciate asciugare, l’amido diventa meno digeribile, l’assorbimento diventa più lento, provocando un aumento più lento e più basso della glicemia. La mancanza di studi idonei (che andranno prima o poi effettuati) non ha consentito di valutare eventuali differenze tra pasta con grano integrale e pasta con farine bianche. I cereali integrali dovrebbero rappresentare la scelta migliore per l’elevato contenuto di fibra alimentare e per il migliore controllo del metabolismo glucidico.

BMJ Open (IF=2.369) 8:e019438,2018

ALIROCUMAB È EFFICACE ANCHE NELLA DISLIPIDEMIA DIABETICA

La classica triade lipidica nei pazienti diabetici è caratterizzata da bassi valori di HDL colesterolo (HDL-C), elevati valori di trigliceridi e spesso valori di LDL colesterolo (LDL-C) nella norma. In tempi recenti si è affermato l’uso del colesterolo non-HDL (colesterolo totale – HDL-C) come parametro per valutare l’efficacia di una terapia ipolipemizzante nei pazienti diabetici; considerando che il colesterolo non-HDL è indicato peraltro come obiettivo secondario dalle linee guida ESC/EAS 2016 nella dislipidemia diabetica.
In questo studio gli autori hanno arruolato 413 pazienti diabetici di tipo 2 ad alto rischio cardiovascolare, con dislipidemia mista non adeguatamente controllata nonostante terapia con statine ad alte dosi (colesterolo non-HDL ≥100 mg/dl e trigliceridemia ≥150 mg/dl ma <500 mg/dl). I pazienti, suddivisi in due gruppi, ricevevano, oltre alla massima dose di statina tollerata, Alirocumab, l’anticorpo monoclonale contro PCSK9, o una terapia standard (TS) che poteva comprendere vari farmaci (fenofibrato, ezetimibe, acidi grassi omega3, acido nicotinico).

Dopo 24 settimane, nei pazienti in terapia con Alirocumab il colesterolo non-HDL si è ridotto in media del 32.5% rispetto ai pazienti in TS. Una significativa differenza è stata osservata anche per colesterolo totale (-24.6%), LDL-C (-43,0%), apolipoproteina B (-32,3%) e numero di particelle LDL (-37,8%). La trigliceridemia si è ridotta in entrambi i gruppi di pazienti. Non è stata osservata nessuna variazione significativa dei valori di emoglobina glicata e in entrambi i gruppi non è stato necessario un aggiustamento della terapia ipoglicemizzante.
Gli autori concludono che Alirocumab è superiore alle terapie convenzionali nel ridurre il colesterolo non-HDL.

Diabetes Obes Metab (IF=6.715) 20:1479,2018