Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Originarie dei paesi mediterranei, sono state coltivate dalla più remota antichità: al museo del Louvre sono esposte lenticchie vecchie di ottomila anni. In Italia ne vengono coltivate parecchie varietà: le più conosciute sono di Altamura e di Castelluccio. Quest’ultima è una specie a seme piccolo, particolarmente gustosa, che ha ottenuto l’indicazione geografica protetta (IGP). Ricche di ferro, di magnesio, di fosforo e di zinco, le lenticchie hanno un notevole contenuto proteico (22,7 g. per 100 g.). Come tutti i legumi, mancano gli amminoacidi essenziali cisteina e metionina: per ovviare a questa carenza è utile associarli ai cereali. I grassi sono modestissimi e ne fanno un alimento indicato nelle dislipidemie, anche per il contenuto di fibra insolubile che contribuisce a mantenere costante il livello glicemico.
LA RICETTA. Hamburger di lenticchie
Ingredienti (4 persone): 200 g. di lenticchie secche, una carota, mezza cipolla, prezzemolo e 20 g. di olio d’oliva extravergine.
Tritare le verdure e aggiungere le lenticchie precedentemente ammollate. Coprire d’acqua e portare a cottura per circa 30 minuti. Frullare il composto e aiutandosi con un coppapasta formare gli hamburger. Cuocere in padella antiaderente con un filo di olio. Buon appetito!
Kcal (per porzione): 150,11. Proteine: 7,17 g. Lipidi: 5,63 g; saturi 0,80 g; insaturi 0,53 g; monoinsaturi 3,88 g. Carboidrati: 18,27 g. Fibra: 5,44 g.

Vengono definite carni alternative quelle appartenenti ad animali da cortile: pollame, tacchini, conigli. Il loro consumo è aumentato vertiginosamente negli ultimi decenni sia per la competitività del costo, sia per i progressi tecnologici nell’allevamento, macellazione, commercializzazione, sia per una miglior consapevolezza del consumatore.
Da millenni è presente nell’alimentazione dell’uomo. Di numerose forme e qualità, è il cibo più consumato al mondo. La nostra normativa alimentare così stabilisce: “per pane si intende il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua, lievito, con o senza aggiunta di sale comune”.
E’ il più antico cereale. Appartiene alla famiglia delle Graminacee, specie Hordeum Sativum. Viene coltivato bene anche in climi freddi e in terreni poveri. Usato per la panificazione, per alimenti dietetici, alcolici e come succedaneo del caffè, viene impiegato in cucina sotto forma di orzo perlato in minestre e risotti. Composto per il 70 % di carboidrati, 10% circa di proteine e un basso contenuto di grassi, meno del 1,5%, 100 grammi di orzo apportano 318 kcal. con un contenuto di fibra di 9,2 g. Decisamente rilevante il contenuto di sali minerali: potassio magnesio, fosforo e zinco. Ultimamente si è messa in evidenza l’importanza della frazione solubile della fibra: i betaglucani. È stato dimostrato i betaglucani riducono l’assorbimento di colesterolo nell’intestino, riducendo i livelli di LDL colesterolo nel sangue. Infatti l’ EFSA, l’autorità per la sicurezza alimentare europea, ha attestato che “il consumo regolare di betaglucani contribuisce al mantenimento della concentrazione normale di colesterolo nel sangue”.
Dopo il grano è il cereale più diffuso sulla terra: 6 persone su dieci si nutrono di riso. E’ una pianta annuale appartenente alle graminacee (Oryza). L’Oryza sativa si è differenziata in tre sottospecie: l’Indica, da cui derivano i Basmati, la Javanica, coltivata in Indonesia e la Japonica dalla quale sono derivate le varietà italiane. La riseria italiana è la più importante d’Europa con una produzione di 13 milioni di quintali. Numerose sono le qualità pregiate: Carnaroli, Vialone Nano, Arborio, Baldo, Roma, Sant’Andrea. Il riso come tutti i cereali ha un alto contenuto di carboidrati: 80.4 g ogni 100 g. Le proteine sono pari a 6.7 g/100 g, con una carenza di lisina, che può essere compensata con il giusto accostamento ad altri alimenti. È sempre meglio preferire il riso integrale, non solo per la quantità di fibra ma anche perché non subendo il processo della brillatura, i pochi grassi polinsaturi vengono conservati all’interno del chicco.


