EVOLOCUMAB È EFFICACE E SICURO NEI PAZIENTI CON E SENZA DIABETE, E NON AUMENTA IL RISCHIO DI DIABETE DI NUOVA INSORGENZA

Nello studio FOURIER l’inibitore di PCSK9, evolocumab, ha ridotto il colesterolo LDL e gli eventi cardiovascolari in 27.564 pazienti con malattia aterosclerotica in terapia con statine. La nuova analisi pre-specificata del FOURIER che vi proponiamo oggi ha valutato l’efficacia e la sicurezza dell’evolocumab in base alla presenza (n=11031, 40%) o meno (n=16533, 60%) di diabete nei pazienti reclutati. Nei soggetti non diabetici è stato inoltre valutato l’effetto del farmaco sulla glicemia e il rischio di sviluppare diabete di nuova insorgenza. L’endpoint primario era il composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico, ictus e ospedalizzazione per angina instabile o rivascolarizzazione coronarica. L’evolocumab è risultato efficace nel ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari indipendentemente dalla presenza di diabete (riduzione del rischio relativo dell’endpoint primario del 17% nei pazienti diabetici, p=0.0008 e del 13% nei pazienti non diabetici, p=0.0052). Inoltre, nei pazienti non diabetici, la terapia con evolocumab non ha aumentato il rischio di sviluppare diabete di nuova insorgenza (HR 1.05; 95% CI 0.94-1.17). In conclusione, l’inibizione di PCSK9 con l’anticorpo monoclonale evolocumab riduce significativamente il rischio cardiovascolare nei pazienti con e senza diabete senza aumentare il rischio di insorgenza di diabete.

Lancet Diabetes Endocrinol (IF=19.742) 5:941,2017

IL PESO CORPOREO INFLUENZA LA PERCEZIONE DEGLI ALIMENTI

Dolce, fresco, gustoso: con quali aggettivi descriviamo nella nostra mente una fetta di torta? E una mela rossa? Per studiare i fattori che influenzano la valutazione e rappresentazione mentale individuale degli alimenti, un gruppo di ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste ha studiato la risposta cerebrale associata a vari tipi di cibo. Hanno reclutato individui normopeso, sovrappeso e sottopeso, sottoposti a test comportamentali e a un’elettroencefalografia, un’indagine che misura l’attività elettrica del cervello. Su uno schermo venivano mostrate immagini di vari alimenti (frutta, frutta secca, ostriche, pesce, pizza, pasta al sugo, torta di mele) anticipate da frasi che riguardavano caratteristiche percepite tramite i sensi (gusto, olfatto), come “ha un sapore dolce”, oppure una descrizione della loro funzione o del contesto in cui si consumano, per esempio “è ideale per una festa di matrimonio”. Nel frattempo, i ricercatori misuravano la risposta neurofisiologica allo stimolo. È emerso che il i soggetti obesi (BMI>30 kg/m2) presentavano segnali elettroencefalografici diversi rispetto ai soggetti sottopeso (BMI<18 kg/m2). In particolare, le persone con peso in eccesso mostravano una maggiore attività cerebrale nel caso di cibi elaborati, come pizza, dolci, pasta condita con sughi particolari; è come se prestassero una maggiore attenzione, o fossero in qualche modo maggiormente sensibili dal punto di vista della risposta cerebrale, a questi cibi più succulenti o saporiti. Mentre nelle persone sottopeso la risposta cerebrale era maggiormente sollecitata dalla vista di cibi più naturali e non elaborati. L’aumento del peso corporeo è quindi in grado di modificare la rappresentazione mentale di ciò che si mangia, innescando un circolo vizioso che favorisce un ulteriore aggravamento del sovrappeso.

Biol Psychol (IF=3.070) 129:282,2017

STREET FOOD: LA PIADINA

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Specialità romagnola, la piadina o piada è una sfoglia sottile fatta di farina, strutto, sale e acqua, di forma tondeggiante e tradizionalmente cotta su di un piatto di terracotta, detto teggia, posto direttamente sulla brace. Nei tempi passati la piadina è stata impiegata come pane, soprattutto nelle classi meno agiate. Variante della piadina è il crescione che prende il nome da un’erba che cresceva spontaneamente lungo i fossi, usata per farcire la piadina. Ai nostri giorni si consuma sia dolce che salata, a seconda delle ricette in uso nei vari borghi, oppure farcita in mille modi. Oramai è diffusa e apprezzata in tutta Italia come spuntino veloce. È registrata dalla UE, che dal 2014 la ha inclusa tra i prodotti agroalimentari con Indicazione Geografica Protetta (IGP).

Piadina con prosciutto (g.120). Kcal 498,55; carboidrati 95,25 g; proteine 29,67 g; lipidi 24,66 g (saturi 7,99 g; polinsaturi 2,89 g; monoinsaturi 4,96 g); fibra 4,37 g.

Sostituendo la strutto con olio di oliva extravergine si ottiene una migliore qualità di grassi; la farcitura può essere anche di verdure grigliate, rendendo tutto più leggero!

UN’AUMENTATA ESPRESSIONE INTESTINALE DEL TRASPORTATORE SGLT-1 FAVORISCE l’IPERGLICEMIA POSTPRANDIALE NEL PREDIABETICO

Nelle persone con prediabete, nelle quali il controllo del metabolismo glucidico è già compromesso ma la malattia non è ancora conclamata, la glicemia si impenna dopo i pasti; un fenomeno da tenere sotto controllo, visto che queste oscillazioni verso l’alto dei livelli di glucosio nel sangue aumentano il rischio di sviluppare un diabete di tipo 2 e si associano nel tempo a importanti danni a livello del sistema cardiovascolare.

Si tratta di un fenomeno noto da tempo, che trova ora una possibile spiegazione scientifica: alcune persone assorbono più rapidamente e in maggior quantità di altre gli zuccheri alimentari a causa di un’aumentata espressione intestinale del co-trasportatore sodio/glucosio 1 (SGLT1). L’assorbimento intestinale del glucosio introdotto con gli alimenti avviene prevalentemente nella prima porzione dell’intestino, cioè nel duodeno. A tale livello il glucosio attraversa la parete intestinale grazie ai trasportatori SGLT-1 e GLUT2, raggiungendo così la circolazione sanguigna (Figura).

Ricercatori dell’Università ‘Magna Graecia’ di Catanzaro hanno esaminato una popolazione di 54 individui, normoglicemici, prediabetici e diabetici di tipo 2, sottoposti a curva da carico orale di glucosio e ad esofago-gastro-duodenoscopia con biopsie della mucosa duodenale sulle quali è stata valutata l’espressione del trasportatore SGLT-1. I soggetti pre-diabetici, con elevata risposta glicemica al carico di glucosio, hanno aumentati livelli del trasportatore SGLT-1 nel duodeno, paragonabili a quelli riscontrati nei pazienti con diabete di tipo 2, rispetto agli individui con risposta glicemica normale. Nell’intera casistica, l’espressione di SGLT-1 nel duodeno correla con la glicemia dopo carico orale di glucosio, a indicare che l’aumento dei livelli duodenali del trasportatore SGLT-1 (e il conseguente eccessivo assorbimento intestinale del glucosio) rappresenta uno dei meccanismi responsabili dell’iperglicemia post-prandiale nel pre-diabetico.
Tenendo in considerazione che l’attività del trasportatore SGLT-1 può essere inibita da alcuni composti fenolici presenti nella frutta e che sono attualmente in fase di sviluppo farmaci con una doppia azione inibitoria sui trasportatori SGLT-1 e SGLT-2 (quest’ultimo presente a livello renale), è possibile ipotizzare che la correzione dell’eccessivo assorbimento intestinale del glucosio potrà rappresentare una strategia terapeutica utile non solo per trattare l’iperglicemia post-prandiale, ma anche per prevenire lo sviluppo del diabete nei soggetti a rischio.

J Clin Endocrinol Metab (IF=5.455) 102:3979,2017

LE SIGARETTE ELETTRONICHE SPINGONO GLI ADOLESCENTI A FUMARE TABACCO

Le sigarette elettroniche (e-cig) possono essere d’aiuto nell’indurre il fumatore di sigarette a smettere di fumare, ma d’altra parte sussistono molti dubbi circa il fatto che il loro uso possa spingere al fumo di sigaretta coloro che non hanno mai fumato, specie i giovani.
Ricercatori nord-americani hanno analizzato i dati della survey ‘Canadian Student Tobacco, Alcohol and Drugs’ relativi a più di 25.000 studenti di età compresa tra i 13 e 18 anni. Circa il 10% di essi aveva già provato le e-cig; costoro avevano una probabilità doppia di iniziare a fumare sigarette rispetto a coloro che non avevano mai utilizzato e-cig.

Le e-cig possono contenere nicotina, ma non una serie di sostanze dannose contenute nelle sigarette, quali catrame o monossido di carbonio, per cui sono spesso considerate come non particolarmente nocive. Lo studio che vi proponiamo oggi indica che il loro impiego può avvicinare gli adolescenti alle sigarette, un dato preoccupante, visto che l’uso delle e-cig è in crescita nei giovani e giovanissimi e che il fumo di sigaretta rappresenta una delle principali cause evitabili di mortalità nei Paesi industrializzati.

Prev Med (IF=3.434) 103:14,2017

VALORI RIDOTTI DI COLESTEROLO-LDL E FUNZIONE COGNITIVA

I risultati degli studi clinici con gli inibitori di PCSK9 hanno destato la preoccupazione che l’utilizzo di questi farmaci o i bassi livelli di colesterolo LDL che derivano dal loro uso potessero associarsi a deficit cognitivi.

In un sottogruppo di pazienti provenienti dal FOURIER, uno studio randomizzato, controllato con placebo, che ha testato l’efficacia e sicurezza di evolocumab (un anticorpo monoclonale anti-PCSK9) in aggiunta alla terapia statinica, è stata valutata la funzione cognitiva utilizzando la Cambridge Neuropsychological Test Battery. Le valutazioni della funzione cognitiva sono state eseguite all’inizio dello studio, alla settimana 24, a un anno e alla fine dello studio. Sono stati seguiti 1204 pazienti per 19 mesi; la variazione media (± SD) rispetto al basale dell’indice delle funzioni esecutive era -0.21 ± 2.62 nel gruppo evolocumab e -0.29 ± 2.81 nel gruppo placebo (P<0.001 per la non-inferiorità; P=0.85 per la superiorità). Non vi erano differenze significative tra i due bracci di randomizzazione negli indici della memoria e della velocità psicomotoria. Un’ulteriore analisi ha dimostrato che i livelli di colesterolo-LDL non erano associati a cambiamenti della funzione cognitiva.

N Engl J Med (IF=72.406) 377:633,2017

VERO O FALSO?

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

I CARBOIDRATI FANNO INGRASSARE
Falso. I carboidrati devono essere presenti ad ogni pasto: la dieta mediterranea ne prevede diverse porzioni durante la giornata (55%-60% delle calorie totali). Frutta, latte, legumi e frutta secca contengono carboidrati.

LA PASTA È PIÙ CALORICA DEL PANE
Vero. La pasta apporta 325 Kcalorie ogni 100 grammi, il pane comune 259. Molto spesso si sostituisce il pane con crackers o grissini che al contrario di quanto si pensi, contengano più grassi e quindi anche più calorie. Errore molto comune è colpevolizzare la pasta come cibo ricco di calorie, mente non vengono considerati gli apporti dei sughi utilizzati.

LA FRUTTA NON FA INGRASSARE
Falso. La frutta ha un buon potere calorico dovuto al contenuto di fruttosio. Viene consigliato di consumarne non più di 3 porzioni al giorno. E’ meglio contenere il consumo di frutta particolarmente zuccherina come caco, fico, uva e banana.

IL CONSUMO DI CEREALI INTEGRALI APPORTA IL GIUSTO QUANTITATIVO DI FIBRA
Vero. Gli alimenti integrali (pane, pasta, fette biscottate) sono da consumare almeno una volta al giorno. Insieme a frutta e verdura contribuiscono a raggiungere il quantitativo di fibra consigliato (25-30 g. al giorno).

LO ZUCCHERO DI CANNA È MENO CALORICO DELLO ZUCCHERO BIANCO
Vero. La differenza calorica tra i due zuccheri è davvero minima: 390 Kcalorie ogni 100 grammi lo zucchero bianco, 365 lo zucchero di canna. Molto spesso si crede che lo zucchero di canna sia integrale, in realtà il diverso colore è dato dal maggior contenuto di melassa.

PANE E PASTA POSSONO ESSERE CONSUMATI NELLO STESSO PASTO
Vero. È possibile consumare nello stesso pasto una porzione di pasta e una porzione di pane. Il problema è la quantità: 30 grammi di pasta possono essere sostituiti da 40 grammi di pane.

CHIRURGIA BARIATRICA: EFFICACIA A LUNGO TERMINE SU PERDITA DI PESO, PREVENZIONE E REMISSIONE DEL DIABETE

La chirurgia bariatrica si propone sempre più come una valida opzione terapeutica per contrastare il carico di morbilità, disabilità e mortalità causato dall’obesità. Essendo l’esperienza ormai pluridecennale, si può cominciare a ragionare sugli esiti a lungo termine di questo approccio terapeutico.

Il New England Journal of Medicine ha pubblicato un lavoro di Ted Adams e coll. sul follow-up a 12 anni di 418 pazienti gravemente obesi sottoposti a bypass gastrico Roux-en-Y, in cui lo stomaco viene diviso in due parti: una sacca superiore più piccola (circa il 10% dello stomaco), che viene congiunta al digiuno, e una sacca inferiore più grande (circa il 90% dello stomaco), che viene completamente esclusa dal passaggio degli alimenti. Lo studio ha preso in considerazione gli effetti di tale intervento su peso corporeo, incidenza e remissione di diabete di tipo 2, ipertensione, e dislipidemia. Due gruppi di pazienti (rispettivamente di 417 e 321 soggetti) con obesità grave, non sottoposti a intervento sono serviti da controllo.

A 2 anni dall’intervento i pazienti operati hanno perso in media più di 45 kg di peso. Dopo 12 anni, il 93% dei pazienti ha mantenuto una perdita di peso di almeno il 10%, rispetto al peso iniziale; il 70% ha mantenuto un calo ponderale di almeno il 20% e nel 40% degli operati la riduzione di peso è stata di almeno il 30%. Solo l’1% dei pazienti sottoposti a intervento chirurgico ha riguadagnato tutti i chili persi con l’intervento. Sul fronte del diabete, l’incidenza di questa condizione a 12 anni dall’intervento è stata del 3% (8 pazienti su 303), contro il 26% in entrambi i gruppi di controllo. Tra coloro che erano diabetici prima dell’intervento, a due anni dal bypass gastrico risultavano in remissione 66 pazienti su 88 (il 75%), a 6 anni 54 pazienti su 87 (il 62%) e a 12 anni 43 pazienti su 84 (il 51%); il 69% dei pazienti operati che risultava in remissione dal diabete a due anni dall’intervento, lo era ancora a distanza di 12 anni. Nei pazienti operati, l’incidenza di ipertensione e dislipidemia era inferiore rispetto ai controlli.

N Engl J Med (IF=72.406) 377:1143,2017

FISIOLOGIA DEL MONOSSIDO D’AZOTO

Dalla Sonografista del Centro, Samuela Castelnuovo

Una produzione continua di NO è essenziale per il mantenimento della vasodilatazione nell’uomo. Questa dilatazione basale mediata da NO è stata osservata in diversi distretti arteriosi quali le arterie coronarie epicardiche, il microcircolo coronarico e brachiale e il distretto cerebrale, polmonare e renale. NO è anche implicato in numerosi processi che legano la funzionalità endoteliale all’aggregazione piastrinica, all’adesione e alla migrazione dei leucociti sulla parete arteriosa, all’ossidazione delle LDL, alla proliferazione e alla migrazione delle cellule muscolari lisce, all’espressione di fattori di adesione per i monociti e alla produzione di anione superossido.

Una diminuita produzione di NO ha come conseguenza la vasocostrizione, la perdita dell’attività antitrombotica e la perdita delle capacità di controllo dei processi proliferativi delle cellule muscolari lisce. NO può essere inattivato da parte dei radicali liberi dell’ossigeno, principalmente anione superossido, che può essere prodotto dagli enzimi NAD(P)H ossidasi e xantina ossidasi, ma anche dalla stessa NOS in assenza del substrato (L-arginina) o di cofattori come la tetraidrobiopterina (BH4). L’anione superossido reagisce con NO formando perossinitrito (ONOO), potente ossidante che può attenuare la risposta fisiologica mediata dall’NO stesso e produrre effetti inibitori irreversibili nella funzionalità mitocondriale. L’aumento di radicali liberi dell’ossigeno porta, inoltre, alla formazione di LDL ossidate, che, a loro volta, riducono i livelli di NO, sia in modo diretto formando perossinitriti lipidici o in modo indiretto, diminuendo l’espressione di eNOS tramite destabilizzazione dell’mRNA. Una diminuita biodisponibilità di NO promuove la trombogenicità, la migrazione e l’adesione piastrinica sulla superficie endoteliale e un’amplificazione della risposta infiammatoria.

Numerosi studi hanno dimostrato come fattori di rischio cardiovascolari, ipercolesterolemia, ipertensione, diabete, iperomocisteinemia e fumo siano in grado di interferire con l’attività dell’NO con conseguente alterazione della funzionalità vascolare, definita “disfunzione endoteliale”, caratterizzata dall’espressione di molecole adesive alla superficie cellulare e dalla compromissione dell’attività endocrino-paracrina dell’endotelio, con secrezione di sostanze biologicamente attive (citochine, fattori di crescita, radicali liberi, ecc.), che, a loro volta, sono responsabili dell’attivazione dei leucociti e del controllo del tono vasale.

SPRITZ…O…CHAMPAGNE?

Dalla Dietista del Centro, Raffaella Bosisio

Sembra che lo spritz sia nato nel regno Lombardo-veneto, quando i soldati austriaci usavano “spruzzare” con acqua i vini veneti ritenuti molto forti. Nei primi del novecento a Venezia si unì al vino bianco il “bitter”, battezzando la nuova bevanda come “sprizt veneziano”, consumato ancora oggi. Lo champagne, famosissimo in tutto il mondo, è stato prodotto per primo dall’abate Pierre Perignon nel 1670. Per la produzione è autorizzato l’uso di nove vitigni, di cui tre vitigni principali: chardonnay, pinot noir e pinot meunier. La denominazione «champagne» è una “appellation d’origine contrôlée” (AOC), corrispondente alla nostra DOC (Denominazione di Origine Controllata).